26.12.06

Quel che resta del Natale

Marco D'Acri
Da ieri sono iniziate le feste. Dopo il delirio di uffici affannati nella chiusura della contabilità, di negozianti distrutti da quello che è il loro più grande desiderio (essere invasi da clienti), di famiglie in preda al panico per il conto alla rovescia dell'acquisto, di fattorini trottole nella consegna di pacchi e pacchetti, di povere segretarie che sprecano metà del tempo a rispondere alle mail che tanto hanno di diplomazia e poco di vero augurio, di quantità infinite di agende che per la metà non saranno utilizzate... Dopo tutto questo un po' di calma, un po' di vero senso del Natale. Natale cristiano per i cattolici, Natale laico per tutti gli altri Italiani. Natale come festa condivisa del Paese intero, anche per i nuovi immigrati che, anche tramite queste giornate, possono conoscere l'integrazione. Una festa di riflessione, come tutte le feste. Festa momento di pausa per tutti. Usarla al meglio è un dovere. Riflettere sul senso delle proprie azioni. Riflessione e bilancio anche politico. Quanto si sta riuscendo a dare il senso dello spirito di servizio verso la cittadinanza, quanto la democrazia è valore trasmesso anche attraverso i partiti, primi interpreti del sistema repubblicano, quanto è l'ascolto dell'altro e non di se stessi a dare l'indirizzo dell'azione politica? Domande senz'altro banali, che troppo spesso non abbiamo il tempo di pensare. Per chi ha ormai un metodo personale è difficile che un nuovo anno sia un anno nuovo, certe calcificazioni non si modificano se non con un lavoro molto lungo. Il nostro apporto, l'apporto dei movimenti giovanili deve servire a questo, forzare verso l'idealismo persone troppo sedute, anche in buona fede, sul calcolo e il realismo. E le generazioni mature dovranno comprendere i nostri sforzi, anche quando si assumono forme discutibili o criticamente fastidiose, senza opporsi per principio, ma comprendendone le ragioni e studiandone il linguaggio. Assumendo quel vocabolario avranno il mezzo per parlare al futuro, altrimenti saranno esclusi da ogni riflessione politica. Noi, da parte nostra, dovremo comprendere i valori antichi, come li chiama Leoluca Orlando, se sapremo ascoltare l'esperienza senza pregiudizio, e quando ci sarà qualcuno che ce li vorrà trasmettere. Lascio questi pensieri alle feste ed al 2006, sperando che ci sia sempre qualcuno a ricordarmeli, nella corsa senza mete del quotidiano quando facciamo fatica a focalizzare l'obiettivo. Il messaggio che il Natale religioso offre a tutti è quello della luce che illumina nelle tenebre. A volte guardare alla luce è fastidioso se si è abituati al buio. Il nostro Paese deve alzare lo sguardo da terra, anche se rimarrà accecato per qualche tempo. Questo è il mio augurio all'Italia per il 2007, ruscire a guardare un po' più in là della nostra storica miopia.
Marco D'Acri.

25.12.06

La libertà d'espressione è uno dei grandi Valori


Desidero esporre i punti presentati dal Grillo Parlante, un soggetto che si è rivelato molto tagliente.

Le questioni da lui poste sono il fatto che non si può non essere orgogliosi di chi ha abbandonato la barca IdB senza dare spiegazioni agli iscritti, lasciando così solo la verità dei vincenti come quella descritta sui libri di storia... ovvero sempre e solo una mezza verità!

L'altra è il manifesto che ha reso orgogliosi gli elettori che dopo averlo visto sono più convinti nel continuare a votare IdB, ha chiarito le idee agli iscritti che hanno già apprezzato il significato di MODERATO (tutto e niente?) ed alla gente comune, a cui tutti gli eletti ai vari livelli si devono chinare per rispetto verso chi gli ha dato fiducia (come dice il Grillo sono dipendenti!).

Mi spiace non aver visto la faccia della gente che ammirava questo manifesto, a causa dei miei viaggi settimanali a Roma per lavoro da qualche mese a questa parte... stupenda città dove tutto accade!!!
Vi prego perciò di fare delle foto alla gente che vedrà i prossimi messaggi promozionali made in Niccolò Macchiavelli!
... e magari con in sottofondo la nota colonna sonora di Ennio Morricone nel noto film di Alberto Bevilacqua "Attenti al buffone"

20.12.06

Libia, 2006, Medioevo

Marco D'Acri
Oggi è arrivata una notizia agghiacciante, incomprensibile, devastante. In Libia 5 infermiere bulgare ed un medico palestinese sono stati condannati a morte dopo 7 anni di carcere. I sei sono stati condannati per aver inoculato il virus del'Aids a centinaia di bambini libici. L'accusa è gravissima ma tutta la comunità scientifica è concorde sul fatto che ciò sia impossibile. Lo stesso Luc Montagnier, coscopritore del virus, si è espresso dimostrando che l'epidemia era già presente prima dell'arrivo in Libia del medico e delle infermiere. Centinaia di casi dimostrati dalla difesa ma ignorati dal tribunale. Quali i motivi? Ogni stato dittatoriale, come la Libia, non può ammettere le proprie responsabilità, preferisce scaricarle su alcuni capri espiatori, meglio ancora se stranieri. La stessa cosa succede da anni nei confronti degli Italiani, colpevoli per un passato remoto che viene utilizzato per gli obiettivi dell'oggi. La dittatura non ammette critiche, le colpe non sono mai del capo. Eppure le condizioni sanitarie negli ospedali libici è intollerabile, nonostante i miliardi di euro incassati per il gas venduto ogni anno. Miliardi che finiscono, strano, nelle tasche del dittatore, Gheddafi. Miliardi che sono finiti nelle tasche di Gaucci, oggi latitante all'estero, in cambio dell'accoglienza del calciatore Gheddafi junior. Altri sono finiti nelle cassaforti della Juventus. Ovunque quei soldi, ma non in quegli ospedali dove ogni epidemia è incontrollabile. Dove l'Aids uccide centinaia di bambini. Ma i colpevoli sono altri, gli stranieri. E vengono messi a morte, agnelli sacrificali di un regime che deve sopravvivere. Come nel Medioevo. A due passi da noi. Nel 2006. Ieri nell'aula i condannati sono scoppiati in lacrime. Fuori dall'aula i parenti delle vittime ballavano a festa. Qualcuno, lontanissimo dalla sala, se la rideva felice tra soffitti affrescati e guanciali di seta, indenne per l'ennesima volta. L'Europa deve intervenire, tagliare ogni finanziamento, agire con ogni strumento che la diplomazia consente. E' ora di far sentire la forza dell'Unione.
Marco D'Acri.
P.s.: E GIV? Che ne dite di un sit-in di fronte al consolato della Libia? Attendo pareri.

15.12.06

Barroso e il referendum

Marco D'Acri
Nei giorni scorsi il Presidente della Commissione Europea, Josè Manuel Barroso, ha proposto una strada per uscire dallo stallo sull'ingresso della Turchia in Europa. Il referendum. Quello che dirò ora è qualcosa che potrà preoccuparvi ma è uno spunto di discussione. Non credo che un referendum sia la strada migliore. Mi rendo conto che dovrebbe sempre essere il principio democratico a prevalere, quindi anche casi di democrazia diretta, ma è in gioco anche il principio di rappresentanza. Fino a quale soglia va garantita la democrazia diretta? Giusto per lanciare una provocazione eccovi il racconto di un episodio che ha cambiato l'Europa. Nel 1950 il visionario Jean Monnet, commissario per la ricostruzione francese, vide nello sfruttamento con la Germania e gli altri Paesi europei del bacino della Ruhr, area di confine, la soluzione all'odio tra tedeschi e francesi che le guerre avevano esasperato. Una comunità europea per l'estrazione del carbone, la CECA, che evitasse di rendere quella fonte energetica la ragione di nuovi conflitti. Il progetto, diventato dichiarazione del ministro degli Esteri Schumann, nel giro di una notte, il 9 maggio, divenne la base dell'integrazione europea ed ottenne immediato parere favorevole da parte della Germania di Adenauer, dell'Olanda, del Belgio, del Lussemburgo e del nostro grande statista Alcide de Gasperi. I primi ministri decisero, in 24 ore, di compiere una scelta che avrebbe cambiato la nostra storia. Decisero di imporre ai propri paesi una linea del cui successo erano certi. E se avessero, quell'anno, proposto il referendum? Crediamo forse che i francesi, a 5 anni dalla liberazione dai nazisti, avrebbero accettato dai tedeschi una collaborazione rinunciando alle compensazioni dovute dagli sconfitti ai vincitori? Avrebbero gli elettori compreso che era la scelta giusta a pochi anni dall'avanzata hitleriana? Credo di no. Credo che gli uomini politici, quando ne hanno il carisma, debbono interpretare il proprio mandato come delega alle decisioni più importanti, che devono avere il coraggio di prendere. A loro affidiamo il potere esecutivo, non possono restituircelo se non sono in grado di scegliere. In fondo il No al Trattato per una Costituzione Europea degli elettori francesi e olandesi ha dimostrato che l'Europa ha poca fortuna con i referendum. Senza contare che in alcuni Paesi il referendum è una cosa rarissima, a differenza nostra, e che quindi il voto avrebbe valenza differente da paese a paese. Infine, cosa non meno importante, in Italia si parla così poco di Europa che il dibattito sulla Turchia si ridurrebbe al sì o no ai musulmani in Europa e ad un " ma che dice il Papa? ", il che non farebbe pensare ad un voto pienamente consapevole. Pensate poi al risultato in Inghilterra. A costo di essere tacciato di antidemocraticità ho espresso il mio parere. Il referendum è un pessimo modo di decidere su alcuni temi. Resta il fatto che Barroso deve aver pensato a tutto questo. Delle due l'una. O ha deciso che la Turchia non deve entrare nell'UE e ne vuole scaricare la responsabilità sugli elettori. Oppure la distanza tra lui e Schumann è talmente ampia da gettare un alone di sconforto sul percorso di integrazione europea.
Marco D'Acri.

Rapporto sull'Iraq

Marco D'Acri
Il rapporto del repubblicano James Baker e del democratico Lee Hamilton ha offerto alcuni suggerimenti all'amministrazione Bush sulla guerra in Iraq. Il dato politico è che i due esperti designati allo studio del caso dai due partiti statunitensi hanno raggiunto una posizione comune. Interessante l'istituto della Commissione congiunta, soprattutto quando raggiunge verdetti condivisi (a differenza delle Commissioni parlamentari di cui il senatore De Gregorio è a conoscenza). Quale il responso? Innanzitutto un'ammissione implicita dello Stato di quasi guerra civile. Primo consiglio è stato infatti quello di prevedere la costituzione di due Stati a maggioranze diverse, un territorio sciita ed uno sunnita. In pratica viene negata, anche formalmente, quella affermazione pre-intervento di un popolo iracheno, unito nella voglia di liberarsi del dittatore Saddam e pronto ad accogliere i liberatori a stelle e strisce. Il popolo iracheno non è così unito e non averlo previsto nei piani di attacco è stata una follia. Secondo, e più importante, suggerimento quello di rivolgersi a Siria ed Iran per la soluzione del conflitto. Aprire una politica di cooperazione politica, ammettendo che dopo il crollo del sistema bipolare, l'equilibrio internazionale non può essere retto in ogni area del globo da un'unica potenza che si sta dimostrando incapace di vincere conflitti in contesti che non le sono favorevoli. Ma qui nasce un problema enorme. Come ammettere di aver bisogno dell'aiuto di quelli che fino ad ieri, anzi fino ad oggi, sono stati definiti Stati canaglia e maggiori sostenitori del terrorismo internazionale? Come rivolgersi ad Ahmadinejad chiedendo cooperazione politica e militare? Non è possibile. Ed infatti Bush e la Rice si sono immediatamente dichiarati insoddisfatti del rapporto, definendolo un tentativo dei repubblicani di creare un ponte provvisorio con i democratici, ora in maggioranza al Congresso. Senza quindi discuterlo nel merito. Ad oggi sembra impossibile che Bush abbia il carisma di imporre una nuova dottrina che ammetta gli errori di questi anni. Probabilmente attenderà il termine del mandato senza operare particolari cambi di rotta. E senza preoccuparsi delle centinaia di giovani vite americane stroncate a migliaia di chilometri da casa. Agli Stati Uniti servirà la figura di un Presidente di alto profilo politico, in grado di proporre nuove linee guida alle relazioni internazionali. E servirà all'intera comunità internazionale. Bush è stato il Presidente dell'11 Settembre. La sua risposta, a 5 anni dall'evento si è rivelata errata. Si è comportato come Nixon, con un tale bisogno di nemici da arrivare a costruirseli. Non dimentichiamoci che prima dell'Iraq Ahmadinejad era solo il sindaco di Teheran. Il nuovo clima ai confini ha contribuito a rendergli il seggio presidenziale e a zittire i movimenti studenteschi che fino a quel giorno erano stati la grande speranza dell'Iran e dell'intera area. La storia giudicherà Bush ma credo che l'introduzione alla sua biografia politica siamo già in grado di intuirla.
Marco D'Acri.

Di Pietro contro la prescrizione per i reati contabili

Di Pietro torna ad alzare la voce contro il suo stesso governo e chiede, subito dopo l'approvazione della Finanziaria, "un chiarimento politico sul tema della legalità e della giustizia". Bersaglio del ministro, già protagonista di una dura battaglia contro l'indulto, "un provvedimento disastroso per la credibilità dell'Unione", ovvero la norma inserita in finanziaria sulla "prescrizione di fatto per i reati contabili". "E' un emendamento - prosegue il ministro - che porta l'Unione a comportarsi alla Berlusconi. Io e l'Italia dei Valori abbiamo combattuto per cinque anni le leggi 'ad personam' del governo Berlusconi e con un sotterfugio viene introdotta questa norma che di fatto impedisce allo Stato di recuperare le somme delle quali funzionari e dipendenti corrotti dello Stato si erano appropriati. E' grave soprattutto perchè questo emendamento carpisce la buona fede di chi come me al governo si è fidato del fatto che il maxi-emendamento governativo fosse nel pieno rispetto del programma dell'Unione e che oggi si trova ad avere una responsabilità oggettiva per un emendamento non concordato, non voluto, che mai avremmo approvato e che mai approveremo". "Chiediamo - spiega Di Pietro - un chiarimento politico al governo e alla maggioranza, non per questa Finanziaria che ormai è agli sgoccioli e di cui il Paese ha bisogno e che approveremo. Ma per rimanere noi stessi dell'Italia dei Valori all'interno di una maggioranza, che sui temi della giustizia scimmiotta troppo il Centrodestra".
"Questa Finanziaria serve al Paese e noi l'approveremo - conclude Di Pietro - ma il giorno dopo un chiarimento politico sul tema della legalità e della giustizia è improcrastinabile per il mantenimento stesso della nostra presenza in questa maggioranza. Perché qui c'è qualcuno che ha tradito la buona fede".

14.12.06

IDV vs. Previti

'Una giustizia uguale per tutti: anche per Previti! Anche per Rete 4!'. E' il titolo della manifestazione indetta per oggi, a partire dalla 9, davanti alla Camera, da Italia dei Valori, per porre all'attenzione della politica, dell'informazione e della pubblica opinione, 'due gravi ingiustizie -si legge in un comunicato- che rappresentano le punte dell'iceberg di uno stato di degrado della vita democratica nella quale si continua a giustificare l'abuso di potere, portato a sistema e 'legalizzato' . Cesare Previti, condannato in via definitiva per corruzione della magistratura a 6 anni di arresti domiciliari (ridotti a 3 per l'applicazione dell'indulto) e alla pena accessoria dell'interdizione perenne dai pubblici uffici, ancora continua a ricoprire la carica di membro del Parlamento come deputato di Forza Italia, con tanto di indennita', dopo quasi otto mesi dalla pronuncia della sentenza. 'Europa 7', emittente televisiva vincitrice nel 1999 di due frequenze del circuito televisivo nazionale terrestre, ancora continua a non poter trasmettere sulle frequenze che gli spettano perche' queste continuano, dopo 7 anni, a essere occupate da Rete 4'. Parteciperanno alla manifestazione: il ministro per le Infrastrutture e leader dell'Italia dei Valori Antonio Di Pietro; Francesco Di Stefano, imprenditore proprietario delle emittenti televisive 'Europa 7' e '7 Plus'; deputati e senatori di idv e il gruppo del partito alla Regione Lazio.

12.12.06

Il coraggio e la politica

Marco D'Acri
Le recenti dichiarazioni del governo che ha affermato di voler regolamentare e tutelare la realtà delle coppie di fatto dal prossimo anno ha, come si poteva immaginare, scatenato la reazione violenta degli ambienti vaticani. Si sono espresse tutte le massime gerarchie e gli organi di comunicazione della Santa Sede per denunciare questo "tentativo di scardinare la famiglia". E come ogni dichiarazione che venga dalle mura vaticane è stata assunta come nota di indirizzo politico da tutti quei partiti che sembrano, su quei temi, in grado esclusivamente di essere amplificatori piuttosto che interpreti del pensiero religioso. Partiti compatti da destra a sinistra, da Rotondi e Casini a Rutelli e Mastella. Eccolo il grande centro, schiacciato sulle posizioni della Chiesa e immemore dei nostri principi costituzionali. Come uscirne? Non se ne vede la via. Considerato che persino D'Alema e Fassino hanno gareggiato a rassicurare la Chiesa, nel timore della perdita di chissà quale valanga di voti che sinceramente mi sembra sopravvalutata (tra l'altro lo stesso Fini ha appoggiato eventuali regolamentazioni, superando gli stessi DS...non c'è più religione). Se il pensiero religioso è per sua natura, totalizzante ed ecumenico, rivolto a tutti gli uomini della Terra, altrettanto non vale per le leggi dello Stato (sembra ovvio ma purtroppo nelle discussioni odierne non è così). Lo Stato è uno spazio aperto dove i diversi credi e le diverse identità convivono nel rispetto reciproco, a meno di voler riprendere in considerazione il concetto di Stato Etico. La legge dello Stato non è totalizzante, ma liberale. Se l'omosessualità non è contemplata dalla Chiesa, lo Stato non può agire allo stesso modo. La posizione cattolica vale per se stessa, non può costringere gli altri ad adeguarsi con le leggi dello Stato. E questa non è una critica alla Santa Sede ma ai partiti che dovrebbero interpretare i principi dello Stato Repubblicano adeguandoli alle nuove necessità. Se poi persino i DS non sono in grado di farlo, in questo modo determinano l'assurdità del concetto di Sinistra Liberale con la quale hanno voluto recentemente vestirsi. Le idee si giudicano con le azioni. Italia dei Valori è il principale partito liberale sulla scena nazionale e in questo può dimostrarlo. Io sono cattolico, ma sono in prima linea a difendere i principi liberali del mio Paese e sono nell'IdV anche per questo. Come giovani esprimiamo l'appoggio a tutti coloro che avranno il coraggio di ridare allo Stato Italiano la dignità di affermarsi sui temi dei diritti civili. E continuerò ad esprimere la mia fede, senza mai osare invadere le libertà di scelta che è necessario rispettare. Sembra un principio da scuola elementare ma in Italia le medie, su alcune posizioni, sono ancora di là da venire.
Marco D'Acri.

Le nuove linee programmatiche dei Giovani IDV


Roma, 11 DIC (Velino) - "Stiamo crescendo e ci stiamo radicando sul territorio nazionale in questo importante incontro abbiamo definito i punti programmatici che caratterizzeranno il percorso di Giv nei prossimi due anni". Lo ha dichiarato Lorenzo Di Pietro a conclusione dell'esecutivo nazionale dei giovani di Italia dei Valori, il primo dopo il congresso di novembre. "Le tematiche che porteremo all'attenzione dei giovani saranno quelle che maggiormente ci hanno sinora definito: vogliamo riaccendere il dibattito attorno alla rappresentanza giovanile al diritto allo studio attraverso l'introduzione di seri criteri meritocratici. Dopo la recente full membership nel Lymec, i Giovani liberali europei - ha proseguito il coordinatore nazionale - intendiamo continuare e arricchire la nostra proiezione internazionale iniziando il percorso di adesione all'Iflry, partecipando con entusiasmo alle battaglie sulle liberta' civili nel mondo. Tutto questo - ha concluso Lorenzo Di Pietro - non puo' prescindere da tematiche che ci hanno sin dall'inizio caratterizzato, quali la cultura delle regole e lotta alle mafie, i presupposti sociali necessari affinche' anche l'Italia possa dirsi una vera e compiuta democrazia liberale".

11.12.06

Caro amico ti scrivo, così ti raccomando un pò

Ho sempre pensato che per entrare in una struttura pubblica come la RAI servissero concorsi pubblici paritetici, ma forse mi sbagliavo. Anzi, mi sono proprio sbagliato! La meritocrazia si è un pochino persa nel tempo e a quanto pare serve solamente un cognome importante o una sponsorizzazione di qualche politico influente o ex-dirigente RAI. Peccato, mi sarei visto bene in RAI... Resta comunque la carta Lele Mora o Uomini e Donne del marito di Costanzo...
Di seguito allego una lista di persone che per "meritocrazia anagrafica" fanno parte dell'organico amministrativo di mamma RAI.
Tinni Andreatta, responsabile fiction di Raiuno, figlia dell'ex ministro dc Beniamino.
Gianfranco Agus, inviato a "La vita in diretta", figlio dell'attore Gianni.
Roberto Averardi, Gr, figlio di Giuseppe, ex deputato Psdi.
Bianca Berlinguer, conduttrice del Tg3, figlia di Enrico, segretario del Pci.
Claudio Cappon, direttore generale, figlio di Giorgio, potente ex direttore generale dell'Imi.
Antonio De Martino, Gr, figlio dell'ex ministro socialista Francesco.
Antonio Di Bella, direttore Tg3, figlio di Franco, ex direttore del "Corriere della Sera".
Claudio Donat-Cattin, capostruttura Raiuno, figlio dell'ex ministro democristiano Carlo.
Giancarlo Leone, amministratore delegato di Rai Cinema e responsabile della Divisione Uno, figlio dell'ex presidente della Repubblica Giovanni.
Marina Letta, contrattista a tempo determinato, figlia di Gianni, sottosegretario alla Presidenza a Palazzo Chigi.
Pietro Mancini, Gr, figlio del socialista Giacomo.
Stefania Pennacchini, Relazioni istituzionali Rai, figlia di Erminio, ex sottosegretario Dc.
Claudia Piga, Tg1,figlia dell'ex ministro dc, Franco.
Paolo Ruffini, direttore Gr, nipote del cardinale e figlio di Attilio, ex deputato e ministro dc.
Maurizio Scelba, Tg1, figlio di Tanino, ex portavoce del presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro.
Mariano Squillante, ex corrispondente da Londra, ora a RaiNews 24, figlio dell'ex giudice Renato.
Rossella Alimenti, Tg1, figlia di Dante, ex vaticanista Rai.
Paola Bernabei, Ufficio stampa, figlia dell'ex direttore generale della Rai, Ettore, proprietario della società di produzione Lux.
Manuela De Luca, conduttrice Tg1, figlia di Willy, ex direttore generale Rai.
Giampiero Di Schiena, Tg1, figlio di Luca, ex direttore dc del Tg3.
Simonetta Martellini, Raiuno, figlia di Nando, storico radiocronista sportivo.
Monica Petacco,Tg2, figlia di Arrigo, storico e consulente principe di programmi Rai.
Andrea Rispoli, Raidue, figlio del conduttore Luciano, ex Rai.
Pierpaolo Laurenti (non come l'amico di Bonolis...)

8.12.06

Casinisti...e la scelta etica?


Marco D'Acri
Dallo "strappo" si Palermo in poi, Casini sembra diventato il nuovo stratega della politica italiana, l'uomo che disegnerà le nuove linee del grande centro. No alla CdL, no al berlusconismo, no alle spallate di piazza, no al sostegno alle proteste corporative dei tassisti... Bene onorevole Casini, non male, come diceva Oscar Wilde, solo gli stupidi non cambiano mai idea. Ok, proviamo a dimenticare le leggi di questi anni, proviamo a ignorare i monopolisti-liberisti (strana categoria italiana) che per anni anche grazie al suo appoggio hanno fatto e disfatto norme che spesso hanno riguardato interessi personali, proviamo a cancellare il ricordo di quei 5 anni. Proviamo a credere che questo sia finito e che Casini abbia deciso la svolta. Ma a quali compagni di viaggio guarda Pierferdy? Prima mano tesa al mitico Clemente Mastella. L'uomo che senza vergogna, a pochi mesi dal mandato ricevuto alle urne, occhieggia subito all'Udc, memore del grande periodo dei ribaltoni. Il ministro di Ceppaloni, pronto a scenari da prima Repubblica è stato il primo ad accorrere. E il secondo? L'indimenticabile Ciariaco De Mita, mica crederete di esservene liberati? Ciriacone nostro, dopo essersi presentato ad Orvieto, per il Partito Democratico, seduto nelle prime file, ha iniziato guardare con interesse al progetto dell'ex-presidente della Camera. E che non si dica che De Mita scelga una linea per precludersene un'altra, jamais. (Dio mio...ancora De Mita!!! BASTA!!!) Terzo...Rotondi e la sua nuova DC, il partito con la più alta percentuale di pregiudicati (non è un insulto... è un termine tecnico e neutro...già giudicati, già condannati) in lista alle scorse elezioni...e non in solo tra i partiti italiani, ma tra quelli europei. Il Rotondi che tra i suoi eletti annovera Cirino Pomicino... vabbè... Infine, per gradire, ci sono quelli che con Casini stanno da anni nell'UDC. Un nome...Totò Cuffaro. Quello che, seguage del ministro DC Mannino, tristemente famoso, insultava Falcone (vedi video inserito nella colonna sinistra del nostro blog!!!). Quello che ad Anno Zero, vestito di una coppola (a suo parere per ridere della mafia), metteva in dubbio la legittimità del dolore di una famiglia colpita da un lutto per mafia... spudorato. L'uomo che giustifica i suoi assessori che girano con le macchine blindate insieme ad esponenti delle famiglie chiacchierate, per il fatto che possono anche non sapere chi essi siano... e già, che gentili questi assessori, concedono passaggi sulle auto blu ad ogni autostoppista ne faccia richiesta... che ne sanno se sono mafiosi... volevano solo fare un bel gesto.
Caro onorevole Casini, l'elenco potrebbe continuare a lungo...ma sarebbe tristemente noioso. Resta un fatto, le strategie politiche, per quanto valide ed interessanti, restano parole vuote se non accompagnate da gesti reali. Insieme all'antiberlusconismo che ne direbbe di un po' di questione morale, che ne direbbe di un codice etico per il suo partito? Forse perderebbe qualche compagno di viaggio, ma farebbe del bene al suo Paese ed alla sua reputazione. Partire da un bel rinnovamento all'interno della Regione Sicilia. I casi di Giusy Savarino, Onofrio Fratello, Beppe Drago, tutti dell'Udc e sotto processo per i rapporti tra mafia e sanità regionale dovrebbero convincerla ad intervenire. Invece di fare come qualche anno fa, quando da presidente della Camera, da uomo delle istituzioni, chiamò Cuffaro sotto processo, dicendosi pubblicamente convinto della di lui innocenza. Bel messaggio verso la magistratura. E' ora di accompagnare le strategie di parole con le azioni per cambiare il Paese, partendo da casa propria.
Marco D'Acri.

7.12.06

Chi il carcere vuole, nulla stringe


«L’appalto del carcere si poteva fare». Indignazione. E’ questo il sentimento che il deputato di Alleanza nazionale, Manlio Contento, esprime dopo la decisione del Governo di utilizzare parte dei fondi previsti per la realizzazione del carcere di Pordenone al fine diampliare altri istituti di prevenzione e pena. Nonostante le rassicurazionigiunte dal ministro Clemente Mastella e dal sottosegretario Luigi Manconi che i fondi per Pordenone saranno trovati nel capitolo delle infrastrutture, Contentorimane critico. «E’ inaccettabile – ha sottolineato il parlamentare incommissione Giustizia – l’idea di demandare la realizzazione del carcere di Pordenone al programma ordinario per l’edilizia penitenziaria dal momento che le risorse disponibili sono destinate a far fronte a numerosi interventi, il che rende improbabile una rapida realizzazione dell’opera». Contento esprime «la più ferma condanna dell’operazione effettuata dal ministroche, mentre toglie 32 milioni di euro per il carcere di Pordenone, ne destinaoltre 21 per la realizzazione di due strutture: una ad Avellino (8,5 milioni) euna a Santa Maria Capua Vetere (13 milioni) cioè in zone che si trovano nelle vicinanze di Ceppaloni, luogo notorio di residenza di Mastella». Secondo l’esponente della destra «nonostante la procedura di gara sia stataannullata, il ministero aveva a disposizione tutti gli elementi per bandire lagara per il carcere di Pordenone, per cui non è attendibile la giustificazioneche la modifica del piano è rivolta a utilizzare i fondi entro la finedell’anno, perché ciò poteva avvenire anche per Pordenone. Si tratta di unagrave responsabilità politica del Governo che, recentemente, attraverso lostesso sottosegretario Manconi, aveva ribadito la volontà di arrivare nel piùbreve tempo possibile alla sua realizzazione» .

6.12.06

Piange il telefono

Il 25 gennaio 2006, Scaramella spiega con chiarezza a Perry, un misterioso amico californiano, il progetto e, soprattutto, svela che il "dirty job" gli procurerà, come promette Berlusconi, un prestigioso incarico internazionale, dal quale - Scaramella rassicura Perry - potrà ancora aiutare "l'organizzazione". Quale organizzazione? Non si sa. Come non è ancora del tutto chiaro se il fantasioso consulente conservi da qualche parte documenti non consegnati alla commissione. A Repubblica, lunedì scorso, ha smentito di averne ("Ho consegnato tutto alla commissione"). A Perry confessa di non aver consegnato tutto e di custodirne ancora segretamente, in attesa di pubblicarli. A Porta a Porta, ieri sera, nuova versione: Scaramella ha ammesso di avere documenti "non attinenti al mio mandato di consulente della commissione" anche se connessi ai rapporti Mosca-Roma. Chissà. Ecco, dunque, la chiacchierata con Perry (25 gennaio, ore 23.55.52, durata 23 minuti e 39 secondi).
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Scaramella: Pronto?
Perry: Mario?
Scaramella: Scusami, Perry, scusami di nuovo. Grazie molto per aver richiamato. Be', qui si lavora molto. Ho appena finito la giornata in parlamento. Siamo vicini alle elezioni, è tutto molto caotico. Ho diverse notizie (...) Ecco cosa è successo. Primo: la lettura di alcuni documenti che abbiamo raccolto alla ECPP (Enviromental crime prevention program) da un grande generale, Gordievskij: ho scoperto tutte le informazioni riguardanti il candidato presidente Prodi, in Italia, che in passato è stato presidente dell'Unione Europea. Prodi: lo conosci?
Perry: Naturalmente.
Scaramella: Lui è menzionato da Gordievskij come un agente del Kgb. Così io l'ho contattato di nuovo, ho la registrazione del colloquio con Gordievskij, e insieme a Gordievskij c'era anche Lou Palumbo, (ex poliziotto newyorchese, apparentemente legato all'intelligence Usa), così ho il testimone e anche la registrazione. Gli ho mandato una lettera, per chiedergli se potevo usare quel colloquio, e lui mi ha comunicato altri dettagli: mi ha detto che Prodi è conosciuto da due diversi Dipartimenti (il quinto dipartimento e il servizio A, che è il servizio delle misure attive, il servizio clandestino e altro), così io ho informato il Primo Ministro, ho informato Berlusconi su questo. E ora lui sta organizzando la sua campagna su questo. Così ho chiesto qualcosa ... non in cambio, ma gli ho detto che sarei stato attaccato, esposto, perciò per completare quest'indagine volevo essere sicuro che avremmo ricevuto qualcosa dal governo, e ho chiesto tre cose possibili: uno come vice-assistente segretario generale della Nato. Oppure posso fare il direttore delle operazioni per l'Ufficio delle Nazioni Unite a Vienna, che è l'ufficio che si occupa di sostanze stupefacenti, dello spazio, e un paio di altre cose: il posto è D1 o D2, ossia direttore generale della Nazioni Unite. Il terzo posto è meno prestigioso, ma può essere strategico per noi, è il direttore di tutti gli affari legali della S. I. S tec. (...) Comunque... Mi accordo con loro, mi hanno offerto prima di tutto un posto in parlamento, ma ho detto di no, considerando che ci sarà una robusta campagna contro di me, quando dirò tutte le informazioni su di lui (Prodi), e preferisco andare in un posto migliore fuori dall'Italia, in un'organizzazione internazionale, naturalmente rispetterò anche l'impegno con l'ECPP, perché non è solo il mio lavoro, ma lavoro dell'organizzazione. (...) Infine, noi (la commissione Mitrokhin) chiuderemo in meno di una settimana. Noi chiuderemo il Parlamento in due settimane, ma in meno di una settimana conoscerò la loro proposta. Sembra che sia vicino il momento per fare qualcosa di diverso. (...) Pensiamo di presentare tutti i documenti che non sono mai stati depositati (in Commissione). Ho tutto io in mano! Ora, considerando che queste persone (Gordievskij, Bukovskij, gli altri) sono tutti scrittori, noi pensiamo che per noi a livello politico è meno pericoloso presentare i suoi documenti (di Prodi) proprio come letteratura: opere inedite di questi scrittori protette dall'organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale. Così, noi le presenteremo alla ECPP, alla sua Sezione Documentaria (...) così siamo protetti dall'organizzazione che tutela la proprietà intellettuale e molto meno esposti politicamente: Prodi non può dire che siamo dediti allo spionaggio contro... a livello internazionale: per evitare uno scandalo a questo livello, ci andremo cauti, diremo solo che stiamo raccogliendo memorie inedite di autori per poi pubblicarle: così noi passiamo al parlamento qualcosa che è letteratura. Per noi è molto utile.
Perry: Ti devi occupare della politica italiana.
Scaramella: Sì, sono un esperto della politica italiana. Oggi sono stato tre ore dal presidente Andreotti, te lo ricordi?
Perry: Sì, certo.
Scaramella: Tre ore con lui, ho tanto materiale, lui mi sta aiutando, ma io ho aiutato lui perché l'ECPP ha tanto colloqui segreti fra lui e Gorbaciov, e gli hanno detto: "Presidente Andreotti, che cosa dobbiamo fare con queste cose?", e lo stiamo studiando insieme, lui mi sta aiutando su tutta la linea, ogni giorno abbiamo incontri ad alto livello, e penso che (ride) ... possiamo sopravvivere, diciamo. Se Berlusconi vuole, posso ottenere personalmente degli incarichi ad altissimo livello... Perry: Potresti andare al gabinetto del Ministro.
Scaramella: Il problema è che molto probabilmente Prodi vincerà queste elezioni. Anche se faremo questo attacco, lui vincerà le elezioni. Così ciò che possiamo fare è andare adesso alle Nazioni Unite o alla Nato e dimenticare l'Italia per alcuni anni. Comunque io mi sto organizzando per usare nel modo migliore queste informazioni.
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Ventiquattro ore dopo questo colloquio, il 26 gennaio, alle ore 19.23 e 49 secondi, Scaramella si accorda con Agostino Cordova su come cucinare, secondo canoni formali accettabili, uno scandalo prima politico, e poi penale. I due discutono per dieci minuti e 11 secondi. Come si leggerà nell'intercettazione, appare sufficientemente chiaro che entrambi sono consapevoli di due circostanze. Primo: Gordievskij non sa nulla di Prodi e quel che gli metteranno in bocca non sembra attendibile, ma sarà utile soltanto a un processo politico. Secondo: i due danno per scontato che Berlusconi protegga la loro iniziativa, al punto da poter tenere sotto controllo l'intelligence politico-militare, il Sismi, in difficoltà con i "cugini" inglesi che appaiono molto infastiditi dalle manovre provocatorie di Scaramella.
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Cordova: "Per l'altra faccenda, ne abbiamo discusso ieri di quel tizio straniero là".
Scaramella: "Certo".
Cordova: "... Bisogna farla uscire. Le vie sono quattro: o quel tizio scrive direttamente alla commissione, no?".
Scaramella: "Certo!".
Cordova: "... o si fa la relazione, però proviamo in modo (parola incomprensibile) non so, o siccome furono acquisite così informalmente, si potrebbe andare al Tribunale dei Ministri e segnalare il fatto...".
Scaramella: "Benissimo!".
Cordova: "... Vista l'incompetenza per tutto il resto. O la quarta via: si può autorizzare come fonte confidenziale... una persona seria della polizia, dei carabinieri, o possono riferire la fonte confidenziale (parola incomprensibile): non riteniamo di fare il nome, abbiamo appreso questo e quest'altro".
Scaramella: "No, ma qui noi ci assumiamo tutte le responsabilità. Sia il generale Gordievskij, sia io... Si tratta di trovare l'interlocutore pronto a svilupparla, la questione. E' una persona che non la nasconde, ma la sviluppa. E per sentire formalmente la...".
Cordova: "Sì, ma questo qua ai fini penali... Ma ai fini di spiegare tutte le... i pasticci che hanno fatto... questa è risolutiva perché ... che io lo desumo che è una mia illazione, però con fatti concreti e lo posso dimostrare. E cioè che tutto questo (parola incomprensibile) la sostituzione di, come si chiama, Siracusa... (parola incomprensibile) o fatti che loro sapevano benissimo che sarebbe stato trasmesso nel dossier, che sapevano il contenuto. Ma, addirittura, secondo queste dichiarazioni (parola incomprensibile) le cose si aggraverebbero molto di più. E solo che questo bisogna farlo subito".
Scaramella: "Certo".
Cordova: "Converrebbe scegliere una delle quattro vie".
Scaramella: "Io sto aspettando un'indicazione del Presidente del Consiglio (Berlusconi ndr.) perché per questo...".
Cordova: " (parola incomprensibile) lo fa subito e poi si scioglie". Scaramella: "Eh, è tutto perso".
Cordova: "Non possiamo fare niente. Dico: o scrive il Tizio e già ai fini della Commissione per te è un elemento valido, no? Ai fini della commissione e poi, ovviamente, si trasmette o si fa una relazione dicendo quando faceva parte dei Corpi, occasionalmente...".
Scaramella: "E' uscita questa informazione".
Cordova: "... Sono venuto eccetera, questo, questo e quest'altro o la terza cosa: si va, non alla Procura, al Tribunale dei Ministri e si dice la stessa cosa o, se intanto, vuole uscire allo scoperto, come fonte confidenziale". Scaramella: "Va bene".
Cordova: " (parola incomprensibile) non possono poi non tenerne conto, solo che poi se si interroga il Tizio può darsi che dica che ne aveva già parlato, ma a noi, questo, che ce ne frega?". Scaramella: "Certo".
Cordova: "Mi dispiace, dico, qua io non posso entrare perché non conosco i fatti, se no, mi sarei assunto io, ma non per altro, non faccio questioni, no, dopo quello che è successo me ne frego di tutto, voglio dire. Solo che non... volentieri l'avrei fatto, ma non mi posso (parola incomprensibile)".
Scaramella: "Poi quello che potremmo fare appena il Presidente del Consiglio (Berlusconi ndr.) dà un'indicazione dell'effettiva, come dire, volontà di... di sviluppare almeno sotto la sua protezione questa informazione, potremmo andare anche assieme subito a Londra. Io ho già la missione autorizzata a parlare con questo generale (Gordievskij ndr.)".
Cordova: "Cosa c'entrerebbe il Presidente del Consiglio?".
Scaramella: "E' che chiaramente, in questo momento, siccome è lui che fa... io ho avuto la protesta del Sismi su questa mia attività. Quindi se lui...".
Cordova (ride): "E si deve capire la protesta".
Scaramella: "Eh, il Sismi si è lamentato che io ho fatto pressioni su questo generale (Gordievskij ndr.)".
Cordova: "Che significa fare pressioni? Se fare pressioni è indurre a dire una cosa per un'altra o indurre a dire cose che non voleva dire".
Scaramella: "No, loro dicono che siccome questo generale (Gordievskij) non sa nulla sull'Italia ed è sotto protezione degli inglesi, un italiano che da lui cerca l'impossibile - perché Gordievskij non saprebbe nulla sull'Italia a quanto loro affermano - dà fastidio e quindi loro hanno protestato".
Cordova: "Ma che c'entra... voglio dire".
Scaramella: "Sono fesserie, Presidente!".
Cordova: "Sò fatti: sappia o non sappia niente dell'Italia, fatti che riguardano l'Italia, se poi sono veri o non sono veri questo si accerterà a parte. Resta il fatto che lui lo dice. Se è in malafede, poi si può sempre dimostrare che è in malafede".
Scaramella: "Presidente, grazie della sua telefonata!".

Chi ha spento la luce?

Il ministro della Salute, Livia Turco, farà visita a Piergiorgio Welby. Lo ha annunciato a Corrado Augias, nel corso della trasmissione "le storie", su Rai3. "Andrò a trovarlo", ha detto la Turco. Ma subito ha ribadito: "Sono contraria però a staccare la spina". Welby, secondo il ministro, "ci sta dando un grande messaggio, per questo voglio ringraziarlo". Ma resta contraria a prevedere per legge la possibilità di privare un paziente della vita: "non credo che questo attenga all'esercizio della libertà personale". La richiesta di Welby, "la possono accogliere i medici - dice la Turco- sulla base del loro codice deontologico. Sarebbe molto grave una parola di un ministro su una vicenda di questo tipo, che attiene alla libertà personale, al rapporto fra medico e paziente, alla scienza e alla deontologia medica". Al di là della vicenda di Welby "ci sono tante cose - continua il ministro - che si possono fare per promuovere la dignità delle persone in tutte le fasi della loro vita. Voglio andare a verificare come si muore oggi negli ospedali e nelle strutture sanitarie, fare in modo che le terapie anti-dolore così poco sviluppate diventino normalità e altrettanto le cure palliative. Proprio da Welby traggo la spinta umana ed etica a fare in modo che si possa morire con dignità in questo Paese". Intanto sui temi eticamente sensibili interviene il presidente del Consiglio. "Basta sorprese, c'è un programma da rispettare". Prodi, ricevendo i presidenti e i capigruppo di maggioranza della commissioni Sanità e Affari sociali di Camera e Senato, ha concordato con l'esigenza, avanzata anche dai parlamentari, di giungere alla discussione su questi temi dopo un esame approfondito e collegiale dei singoli provvedimenti.
"Qualche volta sono stato preso in contropiede anch'io" ha ammesso il premier, che ha così risposto alle lamentele dei presidenti di commissioni, che hanno fatto notare come i quattro ministri interessati appaiano a volte procedere in ordine sparso sugli argomenti di competenza. Da qui la richiesta, accolta da Prodi e avanzata da Ignazio Marino, presidente della commissione Sanità del Senato, di istituire un conclave di esperti e di responsabili dei diversi settori legati ai temi etici e sociali, per approfondire le tematiche e valutare i provvedimenti necessari. "Soprattutto - spiega Mimmo Lucà, presidente della commissione Affari sociali della Camera - è necessario procedere a un coordinamento per verificare l'attuazione del programma dell'Unione su questi argomenti. Su molti temi è stata raggiunta un'intesa tra le componenti della coalizione prima delle elezioni e questa intesa deve essere rispettata ed attuata, nei tempi che decideremo insieme". Insomma, su droga, pacs, eutanasia, è controproducente andare in ordine sparso, sia in ambito di governo che in ambito parlamentare. Meglio procedere con un maggiore coordinamento, hanno spiegato deputati e senatori, innanzitutto a partire dal Consiglio dei ministri, perchè le ricadute negative sul Parlamento a quel punto sono inevitabili. Durante l'incontro i parlamentari hanno anche avanzato alcune richieste sull'aiuto alla non autosufficienza e sulle pensioni minime già in finanziaria. A loro Prodi ha ricordato che in questa manovra, seppure in modo ancora incompleto, sono presenti interventi per la non autosufficienza, mentre sull'adeguamento delle pensioni minime il confronto si aprirà quando si affronterà tutto il capitolo previdenziale.

5.12.06

Una sera con l'amico Sergio

Roberto Barbieri
Marco ha già scritto più volte del caso Grugliasco, della volontà, da parte dell'attuale sindaco Marcello Mazzù, di evitare le Primarie. Ma sarebbe forse anche il caso di ricordare che il sindaco non è poi così uno despota: egli crede fortemente nel valore dell'amicizia! Venerdì sera infatti, nella sala consiglio gremita di militanti e attivisti di partito, c'era anche un ospite d'eccezione per l'inaugurazione della campagna elettorale di Mazzù: Sergio Chiamparino che ha scelto di varcare i confini del proprio Comune per correre in soccorso dell'amico Marcello, ingiustamente messo in discussione da qualcuno. Ma da chi? Dalle destre? Noooooo, quelle manco esistono a Grugliasco!! Ma come, dalla propia maggioranza? Dal centrosinistra? I compagni che sfiduciano Peppone? Ma in che mondo viviamo? No, semplicemente da un gruppo di rompiscatole che sostengono che il sindaco uscente debba comunque confrontarsi con la base per poter essere ricandidato..... rompiscatole che non hanno nulla da fare nella vita, che esistono solo per rompere i coglioni a chi lavora per il bene della propria città. E allora qui serve l'aiuto dell'amicone: "Sergio, vieni stasera che devi convincere la base che le Primarie si fanno solo quando non troviamo l'accordo su chi candidare e quindi per evitare di fare bim bum bam facciamo le Primarie". "Tranquillo Marcé, vengo, ma tu assicurati che non ci siano rompicoglioni in sala". "No problem Sergy, faccio passare l'evento come dibattito sul partito democratico così vengono solo i compagni di partito ad applaudire".
Peccato che alla sera, oltre ai battimani ci sono anche altri elettori di centrosinistra, ci sono giovani, meno giovani, c'è il GiV, ...... il che? Giv? Cos'è? Giovani In cerca di laVoro? "Quelli li sistemiamo, tranquillo, diamo loro un posto in biblioteca e stanno buoni. Anzi daremo loro indicazione di applaudire". No, GIOVANI DELL'ITALIA DEI VALORI, urla uno sfacciato in fondo alla sala...... gelo.....imbarazzo.....Italia dei Valori? Di Pietro???? Ma che c'entra Di Pietro? Chi l'ha invitato? "Marcello, ma non ti avevo detto di non farli entrare in coalizione?" Come hanno saputo di stasera che a Grugliasco non c'è nessuno di loro? "Pure qui......???" suda preoccupato il Chiampa..... cosa vorranno mai...? "Perché non facciamo le Primarie a Grugliasco nel 2007?" c'è scritto su un foglietto che per sbaglio viene letto dal moderatore ma che invece doveva essere cestinato....... Mazzù balbetta, inizia a dipingere i cinque anni di buona amministrazione del centrosinistra, del fatto che va bene così, che tanto anche se si fanno le Primarie non ci sarebbero sfidanti perché il centrosinistra deve essere unito se no non vince (soprattutto nella azzurrissima Grugliasco!!!), ecc ecc ecc...... "e poi, scusa Sergio, perché a Torino non le avete fatte le Primarie la scorsa primavera?".
Semplice, il sindaco c'era già, era quello delle Olimpiadi, andava bene a tutti, perché sfiduciarlo?
Già, perché sfiduciarlo se di sfiduciati (gli elettori) ce ne sono già abbastanza?

Litvinenko: una morte misteriosa

Articolo di Daniel John Angrisani.
E così anche Walter Litvinenko, padre dell'ex agente dell'Fsb morto l'altro ieri a Londra, ha accusato il Cremlino di aver organizzato l'assassinio di suo figlio. L'unica cosa che sembra al momento sicura è che il materiale chimico usato per avvelenare l'ex spia russa sia il famigerato polonio-210. Un materialmente talmente radioattivo che persino l'autopsia del corpo di Litvinenko è stata rimandata sino a quando non saranno prese misure tali da garantire la sicurezza dei medici dell'obitorio. Nel frattempo da Gerusalemme è rimbalzata la notizia che Leonid Nevzin, ex amministratore delegato della Yukos, attualmente residente in Israele dove si è rifugiato per evitare l'arresto come il suo ex presidente, Mikhail Khodorkovsky, avrebbe rivelato al quotidiano israeliano/ Ha'aretz/ di aver incontrato l'ex agente dell'Fsb Alexander Litvinenko, morto giovedì a Londra, e di avergli passato delle informazioni riservate "potenzialmente pericolose per l'attuale dirigenza russa". L'SVR (servizi segreti esteri russi) dal canto loro hanno affermato che non è nel loro interesse mettere a repentaglio le relazioni con la Gran Bretagna per via di Litvinenko (che, stando alle parole del portavoce, per loro "non contava nulla"). Ed anche alcuni commentatori russi indipendenti hanno dato in parte credito all'SVR, così come molta della stampa russa ha parlato apertamente di una mossa ordita dall'ex magnate Boris Berezovsky per screditare il presidente russo Vladimir Putin, proprio mentre quest'ultimo si trovava in Finlandia a trattare un accordo strategico con l'Unione Europea. Che, tra le altre cose, non si è potuto firmare anche a causa degli strascichi di questo incidente. La stampa occidentale invece, tranne qualche voce dubbiosa, sembra aver deciso di credere alla storia dell'assassinio politico ordito dal Cremlino. Un esempio di questa presa di posizione acritica è dato dal sito internet del /Corriere della Sera/ che pubblica le accuse di Nevzin in prima pagina, senza fare alcun riferimento, o quasi, alla difesa dei russi. A prescindere dalla partigianeria delle fonti di informazioni citate, proviamo però un attimo ad analizzare la questione punto per punto. Che interesse avrebbe il Cremlino a mettere in gioco le proprie relazioni diplomatiche con Londra e con l'Occidente, a poche settimane di distanza dal barbaro omicidio della giornalista Anna Politkovskaya? Si direbbe nessuno, anche perchè il "braccio armato" del Cremlino, ovvero la /Gazprom/ diretta dal fido alleato di Putin, nonché suo probabile erede, Medvedev, sta espandendo i suoi affari in Europa. Proprio di questi giorni è la firma di un accordo tra Eni e Gazprom che permetterà a quest'ultima di vendere direttamente il gas in Italia. Considerando che, come si è visto chiaramente, la Russia ha un interesse strategico a far si che la Gazprom si espanda in Occidente per far si che esso dipenda energeticamente sempre più dalla Russia, che senso avrebbe darsi le picconate sulle scarpe e rischiare di far saltare tutto con l'assassinio di Litvinenko? Ancora una volta nessuno. Da qui i principali dubbi su tutta la faccenda. Ancora: che tipo di informazioni potrebbe aver avuto Litvinenko tali da "far tremare l'attuale dirigenza russa"? Stiamo parlando di una persona che nel 2000 è scappata via dalla Russia assieme al suo protettore, Boris Berezovsky, affermando che Putin aveva organizzato gli attentati del 1999 per salire al potere con una specie di colpo di Stato, e poi avrebbe dato la colpa ai ceceni. Che altro tipo di informazioni pericolose potrebbe avere una persona del genere, dopo aver fatto accuse così gravi? E poi, se, come afferma l'ex ad di Yukos, Nevzin, il motivo fossero state le informazioni riservate da lui fornite a Litvinenko, allora sarebbe stato un colpo completamente fallito, visto che lo stesso Nevzin ha affermato di aver fornito tutte le informazioni a Scotland Yard ed ha detto di volerle rendere pubbliche. Se l'obiettivo era quello di far sparire nel nulla queste fantomatiche informazioni si è ottenuto esattamente il contrario. Inoltre Nevzin è molto vicino ai servizi segreti israeliani e, in quanto ad affidabilità delle informazioni fornite, il Mossad non è da tempo meglio dei servizi segreti russi. Ma ci sono anche altre domande: chi è Boris Berezovsky? Stiamo parlando dell'oligarca più potente dell'epoca Eltsin, colui che tra il 1996 ed il 1999 ha di fatto gestito le sorti del Paese alla corte di Tatiana Eltsina (la figlia dell'ex presidente Eltsin) come una sorta di Rasputin dei nostri giorni. Non c'era nulla in quel periodo che non passasse prima dalle mani di Berezovksy, tangenti comprese. E' stato lo stesso Berezovsky ad organizzare l'ascesa di Putin al Cremlino nel 1999 per evitare la vittoria dei comunisti alle elezioni presidenziali dell'anno successivo. E' stato sempre Berezovsky, la sera della trionfale elezione di Putin al Cremlino il 26 marzo 2000, ad annunciare trionfante la "vittoria degli oligarchi" dinanzi agli astanti di una cena convocata ad hoc. Peccato che avesse fatto male i suoi conti. Appena asceso al Cremlino, Putin ha infatti intrapreso una vera e propria guerra contro gli oligarchi dell'epoca Eltsin, a suo dire colpevoli di aver dilapidato le risorse del Paese ed averlo ridotto alla bancarotta (accusa abbastanza plausibile a dire la verità). Così sono stati costretti all'esilio personaggi come Gusinsky e lo stesso Berezovsky. Ed è poi stato arrestato chi, come Khodorkovksy, non si era arreso agli ukaze presidenziali. Da allora Berezovsky non fa altro che affermare che Putin è un dittatore e che presto sarà cacciato via dalla "protesta popolare". Peccato che Putin sia ancora, di gran lunga, l'uomo più popolare della Russia. Qualcuno dovrebbe spiegare a Misha Berezovsky che gli errori si pagano a caro prezzo. Sia chiaro che non si vuole affermare che non ci sia la mano del Cremlino dietro questo assassinio, ma ci sono troppe cose che non quadrano per credere alla versione dell'"assassinio politico" senza porsi tante, troppe domande. E offrendo in cambio troppe, convenienti risposte.

La leggenda compie cent'anni

Roberto Barbieri
Il 3 dicembre 1906 nasceva il Toro. Ieri, in un'emozionante cerimonia organizzata presso lo Stadio Olimpico abbiamo ripercorso i 100 anni più incredibili della storia del calcio. Mi fa piacere poter condividere queste emozioni con i lettori di questo blog, anche se so che non tutti sono di fede granata. Ma per un giorno è giusto lasciare a casa la rivalità sportiva, gli sfottò con i cugini a righe (pigiami, come li chiamiamo per irriderli) che tanto quest'anno sono in Serie B. Qui parliamo di una storia che potrebbe essere letta ai bambini prima di andare a nanna, tanto è bella, tanto è leggendaria. E parliamo comunque della storia della nostra città, Torino, che ha visto più volte nelle gesta della propria squadra specchiarsi il proprio destino. Un destino fatto di gloria, emozioni, ma anche di tragedie.
Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Grezar, Rigamonti, Castigliano, Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Ossola. Scorre una lacrima sul viso dei più anziani, quelli che hanno avuto la fortuna di vedere giocare dal vivo al Filadelfia la squadra più forte mai esistita. Era il Grande Torino, la squadra che diede agli Italiani un motivo in più per risollevarsi dalle macerie di una guerra devastante. Quella squadra invincibile, che collezionò cinque scudetti consecutivi e inanellò record tutt'ora rimasti imbattuti. Quella squadra che conobbe la sconfitta soltanto il pomeriggio del 4 maggio del 1949 schiantandosi con l'aereo contro il terrapieno della basilica di Superga, tornando da una trasferta. L'Italia si fermò, venne proclamato il lutto nazionale e milioni di persone affrante sfilarono in Piazza Castello dietro i carri funebri. "Non credevamo di amarli così tanto" titolavano i giornali il giorno dei funerali.
Dopo la prima retrocessione, quella del 1959, arrivarono i felici anni Sessanta, con il Toro scanzonato dei Law, Baker, Puia, Agroppi, del Capitano Giorgio Ferrini e del genio di Gigi Meroni, la farfalla granata. Una farfalla che il cielo richiamò a sè in una triste notte del 15 ottobre 1967.
E poi gli anni Settanta, con il Toro finalmente capace di riassaporare il gusto dello scudetto: trascinato dalla classe di Renato Zaccarelli, dalle giocate del Poeta Claudio Sala (nella foto) e soprattutto dalle reti di chi forse più di tutti ha saputo incarnare lo spirito tremendista granata, Paolino Pulici, Pupigol per i tifosi, il 16 maggio 1976 viene cucito per l'ultima volta il tricolore sulle maglie granata.
E' un Toro che dopo i ruggenti anni Ottanta si avvia verso un lento declino, con ben 4 retrocessioni tra il 1989 e il 2003. E' il Toro che perde la propria casa storica, il Filadelfia, che cadde sotto le ruspe impietose di Diego Novelli il 18 luglio 1997. Ma è anche il Toro dei propri tifosi, che all'indomani dell'ultima retrocessione, avvenuta il 3 maggio del 2003, sfilarono in cinquantamila per le strade della città nella famosissima "Marcia dell'Orgoglio granata". E' il Toro che decise di rinascere nel modo più rocambolesco e inaspettato: dichiarato fallito il club di Cimminelli nell'agosto del 2005, grazie al Lodo Petrucci nasce il Nuovo Torino Football Club, che il 2 settembre del 2005 venne rilevato dall'editore alessandrino Urbano Cairo.
Il resto è storia recentissima. In appena 15 mesi l'immediato ritorno in Serie A e oggi siamo qui, tutti quanti, a festeggiare i nostri primi cent'anni.
E allora tanti auguri, mio Toro. Sarà bello un giorno poter raccontare ai nostri nipotini questa storia.

4.12.06

Prescrizione, ancora lei!

"La giustizia è come una tela di ragno: trattiene gli insetti piccoli, mentre i grandi trafiggono la tela e restano liberi"
Solone

Marco D'Acri
E' una strana sensazione quella che un ragazzo della mia età prova nel guardare al caso Previti ed all'istituto della prescrizione. Così particolare da avermi convinto ad attendere qualche giorno prima di scrivere qualcosa al riguardo. Nello studiare il diritto, per la parte che competeva al mio percorso di studi, ho sempre creduto che la prescrizione fosse una garanzia per un individuo di non essere condannato per reati che sono troppo lontani nel tempo per poterne affrontare con giustizia eventuali attenuanti e motivazioni, perse nella memoria di imputato e testimoni. Non è senz'altro una definizione tecnica, ma è l'idea che ho sempre avuto. In questo mi sarebbe sempre sembrato logico sospendere la prescrizione in caso di inizio del processo. Così non è, allo stato delle cose, perchè si deve garantire una giustizia rapida agli imputati, ed è richiesta di cui comprendo il valore. Eppure qualcosa mi sconforta. Innanzitutto il fatto che venga considerata un'assoluzione, così non è o non mi sembra. Se Vespa e il suo Porta a Porta hanno titolato "Assolto!" al momento della sentenza Andreotti che ha provato i suoi rapporti, prescritti, con la Mafia fino al 1980, allora qualcosa nel servizio pubblico non funziona, nella sua capacità di informare. Non solo i cittadini italiani non sono particolarmente preparati sul tema, ma il principale programma di approfondimento fa di tutto per confondere le idee. Prescritto non vuol dire innocente, credo. Ancora, chi festeggia per la sentenza Previti, dice che la prescrizione è giusta per pretendere la rapidità dei processi, di cui parlavo prima. Eppure le stesse persone al governo, tra legge sulle rogatorie, sul legittimo sospetto, sulla ex-Cirielli hanno operato nel senso di ingolfare la giustizia e di accorciare i tempi della prescrizione. Non mi sembra che in questo modo si agevoli il percorso di un processo. La stessa richiesta di celebrare il processo a Perugia nasce dal fatto che statisticamente le sentenze a Milano, che ha più risorse, sono più rapide. E questo a chi cerca la prescrizione non piace. Ma c'è la sentenza della Cassazione(che pure nel 1996 si era espressa in modo opposto, dichiarando Milano foro competente), e la rispetto fino all'ultima parola. Quello che mi sarei quanto meno aspettato è una discussione politica, aperta, di informazione sul processo Sme e su quanto è emerso in primo grado e confermato fino in Cassazione, cioè gli episodi corruttivi che hanno visto Previti, come avvocato di colui che è stato Primo Ministro, protagonista di un sistema che vedeva nelle tangenti un metodo difensivo. Proprio l'avvocato Previti dice: Giustizia è fatta. E mi lascia a bocca aperta, senza neanche la speranza di affermare una verità diversa. Lo stesso Previti che è stato condannato ad una pesante pena detentiva. Lo stesso Previti che è stato interdetto dai pubblici uffici. Lo stesso Previti la cui pena è stata dimezzata dall'indulto. Lo stesso Previti che non lascia ancora il Parlamento. Lo stesso Previti che forse da Montecitorio non uscirà mai, perchè con l'affidamento in prova che potrebbe sostituire la carcerazione, anche l'interdizione potrebbe cadere. E se cadesse l'interdizione come potrei credere, io 27enne idealista (chissà per quanto) che Giustizia è fatta? Come potrei credere all'uguaglianza dei cittadini davanti alla legge? Come potrei credere che Dell'Utri, Previti, Cirino Pomicino, Berlusconi, Crisafulli siano tra il meglio che il nostro Paese può esprimere. Resta il fatto che i giudici lottano tra difficoltà quotidiane, tra penne e carta che scarseggia, tra stampanti che non funzionano e non ci sono soldi per ripararle. Mentre gli studi dei grandi avvocati sono sontuosi, appariscenti, con segretarie in tailleur ed eleganti, come quelle di Previti. Questo non vuol dire nulla, ma volevo scriverlo. A volte non so cosa pensare, provo sconforto e un'incredibile voglia di abbandonare questo meraviglioso e maledetto Paese.
Marco D'Acri
P.s.: se cadesse la prescrizione per Previti ed egli non lasciasse Montecitorio resterebbe l'ultima speranza in uno di quegli organi di garanzia e controllo che tanto piacciono ai liberali. Il Presidente della Repubblica.

2.12.06

Se DS e Margherita negano le Primarie


Marco D'Acri
Ieri a Grugliasco (To), mio comune, si è svolto un incontro pubblico sul Partito Democratico, pensato come tavola rotonda di esponenti DS e Margherita, escludendo gli altri. In questo l'idea grugliaschese ricalca quella nazionale di Orvieto che ci aveva tagliato fuori e che quindi non ci vede d'accordo.
All'incontro di ieri il sottoscritto era assente, perchè impegnato in un gemellaggio GIV a Tarragona (Spagna), ma il GIV Piemonte c'era nelle persone di Roberto Barbieri e Massimiliano Altadonna. Proprio da Max è partita una domanda cruciale per la politica di Grugliasco: perchè Mazzù, sindaco uscente, ha rifiutato le Primarie? La risposta: se c'è un sindaco uscente di sinistra non se ne vede la ragione. Questo semplice scambio di battute apre gli occhi su buona parte della questione Partito Democratico. Senza dover citare l'esempio statunitense dove anche il Presidente uscente si sottopone alle Primarie, bisogna affermare con forza che queste non servono a scegliere il candidato, o per lo meno non partono con quella finalità. Chiedere le primarie vuol dire tentare la strada della legittimazione interna del candidato, attraverso un dialogo con la base. Vuol dire aumentare la democrazia interna ai partiti e renderla pubblicamente visibile. Altrimenti vorrebbe dire che se si sceglie un sindaco e si è di sinistra bisogna tenerselo per 8 anni anche se non si ha fiducia in lui, a meno di passare a destra, soluzione inimmaginabile (pensate se passasse la norma che consente 3 mandati, significherebbe: avete votato Mazzù, ora ve lo tenete per 12 anni!). Primarie vuol poi dire lasciare spazio anche ad anime nuove, magari non presenti in maggioranza, partitiche e non, per contribuire alla discussione ed alla stesura di un programma. Vuol dire evitare che le scelte politiche siano scelte di segreteria. A tal proposito è esemplificativo che la richiesta di Primarie sia venuta da un movimento giovanile, il nostro. La nostra generazione si avvicina alla politica ma cerchiamo linguaggi nuovi non legati ai vecchi sistemi. I movimenti e le associazioni chiedono altrettanto. Le Primarie sono un modo di convogliare queste nuove passioni permettendo loro quanto meno di partecipare. Mazzù a Grugliasco le ha definitivamente rifiutate assumendosene le responsabilità davanti agli elettori del centrosinistra. Spiace soprattutto che non abbia nemmeno proposto un'alternativa e che al momento non sembri in grado di guidare alcuna prospettiva di lungo termine o di rinnovamento, a nostro parere indispensabile. Infine una nota interna. Buquicchio, nostro coordinatore regionale, sulla questione Primarie non si schiera, chissà che aspetta, nonostante Di Pietro le abbia chieste ovunque. Al partito (in Piemonte) manca una linea politica sul tema. Ci dispiace e lo segnaliamo.
Marco D'Acri.

1.12.06

Genova 2001


Marco D'Acri
Le dichiarazioni rilasciate da Mario Placanica, il carabiniere uccisore di Carlo Giuliani durante i giorni del G8 di Genova, aiutano a comprendere qualcosa in più di quegli eventi. Racconta il ragazzo calabrese di come dall'interno del suo Defender abbia potuto vedere una serie di aggressioni sproporzionate delle forze dell'ordine ai danni dei manifestanti. "Pestaggi fino a far uscire la bava dalla bocca", così li ha definiti. E poi racconta quella violenza, un gruppo di ragazzi che tra sassaiole ed estintori attacca i carabinieri che, pur in sovrannumero indietreggiano e lasciano quella camionetta maledettamente sola, come soli, uno di fronte all'altro, sono Placanica e Giuliani. Poi lo sparo e la corsa in caserma dove, sue parole, trova una festa come dopo una battaglia vinta, alla quale, scioccato, decide di non partecipare.
A Genova, nel 2001, c'ero anch'io. Giovane studente di economia internazionale, convinto della necessità di maggiore democrazia negli organi economici internazionali, partecipai ai forum universitari. Ragazzo che delle forze dell'ordine ha sempre provato rispetto e fiducia figlia del senso dello Stato. Eppure quei giorni fui sconvolto dalla violenza che quelle divise esprimevano verso manifestanti non diversi da me. Le parole di Placanica confermano e mi ricordano quei giorni.
I poliziotti giustizieri vanno fermati non solo per l'onore delle forze dell'ordine ma per evitare che l'unico ad essere punito sia un giovane calabrese che nello Stato cercava il riscatto dalle difficoltà economiche della sua terra. E va chiarito il ruolo di chi, quel giorno, era nelle sale di comando e non riuscì a coordinare un rientro protetto per quella camionetta carica di giovani impreparati.
Marco D'Acri.