26.7.07

Appello urgente: condannati a morte due giornalisti curdi in Iran

Negli ultimi due anni e con l'arrivo di Mahmoud Ahmadinejad, presidente ultraconservatore, la situazione dei Curdi in particolare e degli Iraniani in generale è molto peggiorata.

Agli 8 milioni di Curdi in Iran è sempre stato negato ogni diritto: prima con lo Scià, poi con la Repubblica Islamica di Khomeni, hanno subito e subiscono tuttora ogni tipo di repressione. Non godono alcun riconoscimento culturale. La condanna a morte di due giornalisti curdi Adnan Hosseinpour e Hiwa Boutimar ne è una dimostrazione palese.

Infatti, il 17 luglio scorso, il tribunale di Sanandej, una della città curde in Iran, ha emesso la sentenza di condanna a morte nei confronti di due giornalisti con l'accusa di aver pubblicato articoli su alcune manifestazioni popolari che nel 2006 si sono svolte in alcune città del Kurdistan iraniano e questo è - secondo il tribunale della Repubblica Islamica - "attentato alla sicurezza dello Stato".

Adnan lavorava presso il settimanale Asu, invece Hiwa Boutimar è un giornalista feelance ed attivista per i Diritti Umani, che è stato accusato di contatti con organizzazioni sovversive. Le organizzazioni sovversive a cui si riferiscono le autorità degli Ayatollah, sono il Partito Democratico del Kurdistan Iraniano (Pdki), e il Komala. Il primo fa parte dell'Internazionale Socialista, e il secondo è stato più volte ospite delle istituzioni internazionali ed europee.

Non si sa dove siano reclusi attualmente i due uomini, ma in base ad alcuni resoconti, Hassanpur si troverebbe in carcere dalla fine dello scorso gennaio, mentre Butimar dall'inizio dello stesso mese. Ora dobbiamo mobilitarci per salvare la loro vita.

In una nota "Information Safety and Freedom" (http://www.isfreedom.org/index.html) chiede a tutte le istituzioni e associazioni dei giornalisti di mobilitarsi per salvare la vita ad Adnan Hosseipur e Hiwa Boutimar, a cominciare dal governo italiano, che è impegnato nella meritevole campagna per l'abolizione della pena di morte. Inoltre si chiede un'intervento delle Nazioni Unite e dell'Unione europea per garantire il diritto alla vita dei giornalisti, che è la condizione minima perché possa esistere la libertà di stampa in questo mondo".
Questa è un'iniziativa da appoggiare insieme alla difesa degli studenti iraniani che lottano per la libertà del proprio paese.
Non possiamo, anzi non dobbiamo lasciarli soli. Loro sono parte di noi.

Per inviare un appello, mandate un'e-mail o un fax, qualora non sia possibile, ai seguenti indirizzi:

Presidente del Consiglio dei Ministri
prof. Romano Prodi
Palazzo Chigi
Piazza Colonna, 370
00187 Roma
tel. (+39) 0667791
E-mail: http://www.governo.it/scrivia/scrivi_a_presidente.asp

Ministro degli Affari Esteri
Massimo D'Alema
Piazzale della Farnesina, 1
00194 Roma
Tel: (+39) 06.36911
E-mail: relazioni.pubblico@esteri.it

(in Inglese, Francese o Italiano):

General Secretary
Ban Ki-moon
United Nations
New York, NY 10017
Fax: (212) 963-4879
Phone: (212) 963-4475

Leader of the Islamic Republic
Ayatollah Sayed ‘Ali Khamenei, Leader of the Islamic Republic
Email: http://www.leader.ir/langs/EN/index.php?p=sendletter (in Inglese)
Titolo: Vostra eccellenza - Your Excellency

President: Mahmoud Ahmadinejad
Email: dr-ahmadinejad@president.ir
Titolo: Sua eccellenza - His Excellency

Ayatollah Mahmoud Hashemi Shahroudi
Ministry of Justice
Email: info@dadgostary-tehran.ir (Nell'oggetto scrivere: For the attention of Ayatollah Shahroudi)
Titolo: Sua eccellenza - His Excellency

Rebecchi Lorenzo
Giv Novara

24.7.07

Nodo ferroviario: Di Pietro, un uomo sincero, leale e soprattutto onesto

Ancora una volta il ministro Di Pietro si è dimostrato all’altezza della situazione, ha dato prova di essere un vero ministro della Repubblica e di meritare la carica che sta assumendo.
Il leader dell’Italia dei Valori ha dimostrato sensibilità per i problemi dei suoi cittadini, disponibilità ad affrontare un dialogo con le parti coinvolte ed interessate alla questione del nodo ferroviario come i Comuni, la Provincia ed i settori dell’industria, nonché determinazione per trovare una soluzione che soddisfi tutti, senza comunque nascondere le difficoltà, le perplessità, le lacune e le responsabilità di chi invece non ha fatto la propria parte.
Vorrei descrivere i fatti che si sono susseguiti per elencare i meriti del titolare del Ministero delle Infrastrutture.
Il ministro è giunto a Novara pronto a parlare con gli interlocutori del problema non appena ha ricevuto la richiesta di venire nel nostro capoluogo da parte del Sindaco del Comune e da parte dell’On. Cota, nonostante avesse quello stesso giorno altri impegni istituzionali.
Raramente nella storia della repubblica si è visto un noto personaggio politico recarsi nella località dopo che sia passato poco tempo dall’aver ricevuto l’invito da parte delle istituzioni locali.
Nella conferenza stampa ha detto solo la verità. Ha solo descritto lo stato dei fatti. Ha detto che la Regione Piemonte non ha comunicato, su indicazione della Provincia, al suo ministero che il nodo ferroviario fosse da aggiungere nella lista delle opere con alta priorità. Anche per questo motivo, ha ammesso che i fondi non ci sono. Il ministro ha dimostrato di essere una persona sincera. Di Pietro, non solo in politica, non ha mai preso in giro nessuno. Avrebbe potuto fare come fanno molti politici, promettere tutto a tutti solo per avere i voti.
Invece ha detto chiaramente come stanno le cose, perché lui non ha intenzione di prendere per i fondelli i propri cittadini.
Nello stesso tempo si è dimostrato un uomo leale perché le sue critiche non sono andate verso gli avversari. Noi non crediamo che chi sta a sinistra è più bravo degli altri. Anche a destra ci sono persone per bene, politici onesti e soprattutto preparati.
Non abbiamo voglia di fare politica per fini personali e privati; noi cerchiamo di fare attività politica nell’interesse dei cittadini e mandiamo avanti le battaglie per la legalità e per la questione morale, che sono un patrimonio di tutti e non solo di una certa fazione politica.
Vogliamo migliorare la giustizia, avere norme più trasparenti e regole che soddisfano la collettività e non che tutelino le lobby, che favoriscono i criminali e gli sprechi.
Le sue osservazioni possono aver colpito il centro sinistra che governa la regione e la provincia, ma il ministro preferisce chi lavora e critica invece chi è un fannullone o non si adopera nella giusta direzione. Questo succede sia destra che a sinistra. Gli onesti ed i buoni politici ci sono sia destra che a sinistra.
Avrebbe potuto dire delle falsità per mettere in cattiva luce il centro destra e invece ha detto, con la massima sincerità, come stanno le cose e ha dimostrato agli avversari di essere un interlocutore valido, serio e molto leale perché non ha gettato fango contro nessuno, mentre la storia ha evidenziato che ne è stato buttato parecchio di fango contro Di Pietro, solo perché ha fatto il suo dovere di uomo, di magistrato e di politico.
Infine ha accolto a Roma tutti i rappresentanti delle nostre istituzioni locali e delle aziende coinvolte nel nodo ferroviario, per intraprendere un percorso utile per sbrigliare le questioni burocratiche, amministrative e progettuali, per riuscire a trovare una soluzione e per reperire i fondi necessari per l’opera. Inoltre il 24 settembre ci sarà un altro incontro a Torino per coinvolgere la regione Piemonte e Lombardia, per fare il punto della situazione e per verificare gli sviluppi.
Il ministro ha dato un segnale forte: vuole trovare, con la collaborazione di tutti, un accordo per lo sviluppo del nostro territorio. Ha dimostrato ancora una volta che ci tiene ai suoi cittadini. Di Pietro vorrebbe solo una politica in cui ognuno faccia la propria parte, lavori nell’interesse del cittadino e si assuma le proprie responsabilità.
Egli lo fa non per questioni elettorali, ma vuole un paese in cui si facciano le cose fatte bene, nel rispetto della legalità e delle regole concorrenziali del mercato.
Lo ha dimostrato in occasione degli appalti per la TAV, dove ha stabilito tutti i concorrenti possono partecipare offrendo il proprio prezzo e il proprio servizio, senza favoritismi e impedendo un innalzamento ingiustificato dei costi. Pari opportunità e massima trasparenza per chi vuole partecipare agli appalti e nello stesso tempo risparmi per i cittadini che vedono realizzare le opere con il prezzo più basso. Ricordatevi che in Italia un chilometro di strada asfaltata da costruire costa ben 42 milioni di euro, contro i 10 milioni di Spagna, Germania e Francia.
Di Pietro vuole che le persone oneste riescano a soddisfare le proprie ambizioni ed a fare carriere e non vuole invece che i furbi riescano sempre a farla franca. Non desidera delle leggi che guardino a soddisfare solo gli scopi privati di politici, partiti, di gruppi di potere o dei soliti furbetti del quartierino.
Lo dimostrano le iniziative del nostro partito in parlamento con cui si vuole eliminare i privilegi dei parlamentari e con cui si vuole negare la possibilità di assumere uffici pubblici a coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva.
Lo stesso discorso vale per il disegno di legge dell’on. Silvana Mura, deputato dell’Italia dei Valori, che vuole limitare a due mandati consecutivi la possibilità di avere qualsiasi carica elettiva e che vuole sancire un limite di età per le stesse funzioni. Questo viene fatto per dare un ricambio alla classe politica, per dare più spazio ai giovani ed una maggiore credibilità alle nostre istituzioni democratiche.
Il lavoro che Di Pietro sta facendo per Novara e per l’Italia fa solo capire che è una persona onesta. Noi vogliamo che l’Italia sia governata da gente preparata e soprattutto onesta.


Rebecchi Lorenzo
Segretario provinciale dei Giovani dell’Italia dei Valori
Cell. 347/0900421
E-mail: lorenzo_rebecchi@yahoo.it
Blog: www.giv-novara.blogspot.com

19.7.07

L'ombra dei servizi segreti ed i misteri sulla strage di Via D'Amelio

L'ombra di "apparati deviati dei servizi segreti" ritorna nell'inchiesta sui mandanti occulti della strage di via d'Amelio in cui morì quindici anni fa il procuratore aggiunto di Palermo, Paolo Borsellino, insieme a cinque agenti della polizia di Stato che lo dovevano proteggere. La notizia, confermata all'ANSA da ambienti qualificati, prende spunto da altre indagini che in passato erano state chiuse con l'archiviazione.

Da alcuni mesi, però, nuovi input investigativi hanno ripreso gli accertamenti dal punto in cui erano stati lasciati, e cioé dal Castello Utveggio, la mega struttura situata sul Monte Pellegrino, che sovrasta proprio la via d'Amelio. In questo edificio, nel 1992, è stato accertato che aveva sede un gruppo operativo del Sisde. La vicenda venne rivelata per la prima volta nel 2001 dal vice questore Gioacchino Genchi durante una deposizione in aula nel processo bis per la strage Borsellino.

Le indagini sviluppate in seguito vennero poi archiviate. Adesso, invece, questa pista sembra aver ritrovato nuova linfa. I "servizi deviati", secondo la nuova indagine, potrebbero essere dietro agli uomini che hanno eseguito l'attentato. Dell'inchiesta si occupa ormai da anni un solo magistrato, il procuratore aggiunto, Renato Di Natale, che ha pure il compito di reggere l'ufficio dei pm di Caltanissetta, dopo che un anno fa Francesco Messineo è stato nominato procuratore di Palermo.

E così Di Natale è costretto a dividersi su più fascicoli d'indagine anche a causa di una carenza di organico dell'ufficio. I magistrati stanno valutando una serie di documenti acquisiti dalla procura di Palermo e che riguardano il telecomando che potrebbe essere stato utilizzato dagli attentatori. A questo apparecchio è collegato un imprenditore palermitano. I processi che si sono svolti in passato hanno solo condannato gli esecutori materiali della strage, ma nulla si è mai saputo su chi ha premuto il pulsante che ha fatto saltare in aria Borsellino e gli agenti di scorta.

A maneggiare il telecomando, come sostengono le sentenze, non è stata nessuna delle persone condannate all'ergastolo, ormai definitivamente. Un altro elemento sul quale è puntata l'attenzione degli inquirenti, è "la presenza anomala" di un agente di polizia in via d'Amelio subito dopo l'esplosione. Si tratta di un poliziotto - già identificato dai magistrati - che prima della strage era in servizio a Palermo, ma venne trasferito a Firenze alcuni mesi prima di luglio dopo che i colleghi avevano scoperto da una intercettazione che aveva riferito "all'esterno" i nomi dei poliziotti di una squadra investigativa che indagava a San Lorenzo su un traffico di droga.

L'esplosivo utilizzato per l'attentato potrebbe essere stato inserito in un grande bidone di metallo, creando un cratere profondo, e non nella Fiat 126 come hanno sempre detto i collaboratori di giustizia. A sostenerlo sono i difensori dei boss condannati che attraverso immagini scattate poche ore dopo in via D'Amelio sostengono che il blocco motore dell'auto esplosa non c'era nel luogo in cui è stato poi ritrovato.

La foto scattata da un reporter di Palermo il giorno dell'attentato mostra l'allora capitano dei carabinieri Giovanni Arcangioli con in mano la borsa di cuoio di Borsellino. Dentro i familiari del magistrato sostengono che vi fosse un'agenda personale che non è mai stata ritrovata e sulla quale Borsellino avrebbe segnato appuntamenti e pensieri.

Alcuni collaboratori di giustizia sostengono che dopo la strage di Capaci, Riina voleva dare un altro colpo allo Stato. Giovanni Brusca ha sostenuto che la decisione di uccidere Borsellino sarebbe stata "accelerata" dalla necessità di far decollare la "trattativa" che Riina aveva avviato con uomini delle istituzioni per ottenere vantaggi legislativi in favore di Cosa nostra. Giuffré ha invece affermato che la strage di via D'Amelio sarebbe stata voluta da Provenzano per impedire al magistrato di avviare indagini sul nodo mafia e appalti.


Rebecchi Lorenzo
Coordiantore provinciale
GIV Novara

7.7.07

Servizi segreti deviati o Poteri istituzionali deviati

Attenzione ragazzi stiamo percorrendo un grosso rischio, nel paese c'è un manipolo di magistrati comunisti e di forze militari che sono state spiate dal 2001 perché volevano sovvertire l'ordinamento democratico inventando teoremi giudiziari contro l'uomo simbolo della democrazia, l'emblema della legalità e l'indiscutibile personaggio dell'onesta.
Come avrete capito parlo del povero Silvio Berlusconi.
Questo centro di potere si stava attrezzando per scavalcare la legittimità costituzionale, per affossare la dignità dell'ex capo del governo e per consegnare il potere ai golpisti post-comunisti, loro acerrimi alleati.
Ma scusate c'è qualcosa che non capisco. Qualcosa non quadra. Cominciamo dal principio. Berlusconi non ha mai fatto politica fino a quando la classe politica a lui vicina non ha avuto grossi problemi giudiziari. E' entrato in politica quando la sua azienda era fortemente indebitata, circa 4 miliardi delle vecchie lire.
Ha avuto grossi problemi giudiziari. E' stato accusato di aver corrotto giudici, di aver frodato il fisco, di avere falsificato il bilancio, di aver finanziato politici e amici potenti per avere aiuti importanti.
Ha assunto uno stalliere che poi è stato condannato per essere un boss mafioso. Ha abusato della concessione di Europa 7; i suoi bracci destri sono stati condannati. Il suo avvocato Previti è stato condannato in via definitiva e ha subito altre condanne per processi in cui era coinvolto Berlusconi.
Dell'Utri, uomo importante che ha curato la sua immagine e la sua campagna elettorale, è stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa in primo grado.
Ma poi ha vinto le elezioni e il suo governo in cinque anni ha lasciato che l'euro mettesse a terra le finanze dei cittadini. Il costo della vita è aumentato, le finanze non sono migliorate, molti reati sono stati depenalizzati, è stata accorciata la prescrizione. Sono state emanate delle leggi per favorire le sue situazioni processuali e quelle dei suoi amici, come il legittimo sospetto e le rogatorie internazionali.
Ci sono state le truffe finanziare di Cirio e Parmalat, le tentate scalate ai mezzi d’informazione, come il Corriere della Sera, e le scalate alle banche, Banca Antonventa, e anche lì c'erano uomini vicini a Berlusconi che hanno tentato il colpaccio.
Voleva acquisire ancora potere economico e organi di stampa. E il suo governo non ha fatto nulla, se non favorire l'impunità di chi ha affossato i risparmi degli italiani.
Intanto la povertà è aumentata e sempre più famiglie fanno fatica arrivare alla fine del mese. Invece le aziende della famiglia Berlusconi hanno utili sempre più alti, infatti, in giro di un solo quinquennio sono più che raddoppiati.
Il giro di pubblicità si sposta sempre di più dalla Rai a Mediaset.
Parte il controllo della Rai, vengono epurati giornalisti scomodi al governo e gli uomini di berlusconi prendono il controllo della Rai e la concorrente Mediaset fa le abbuffate, comprando i diritti televisi sportivi.
Nel frattempo la morsa della criminalità non si ferma. A Napoli la guerra tra famiglie s’inferocisce, in Calabria viene ucciso il vice presidente della giunta regionale e in Sicilia la mafia continua a fare affari incontrastata e gode ancora di un livello d’impunità e di favori politici.
Controlla gli appalti, controlla il territorio e le aziende, continua a chiedere il pizzo e la politica di Berlsconi non fa nulla, anzi emana leggi ultra garantiste.
Alcuni deputati di Forza Italia chiedono addirittura lo smantellamento del decreto 41-bis che impone il carcere duro ai mafiosi. Non so perché ma gli avvocati dei boss sono anche i deputati del centrodestra.
Addirittura si aprono dei processi contro onorevoli di Forza Italia e dell'UDC per associazione esterna di stampo mafioso e per favoreggiamento perché accusati di collusione con la mafia e perché rei di avere protetto la mafia nella sua azione criminale.
Mi fermo qui perché non voglio andare oltre, perché ho già il mal di testa e ho la rabbia quanta ne basta per dire che si tratta di uno scempio e di una vergogna.
Guarda caso i servizi segreti cominciano a spiare i giudici in prima linea contro la mafia e contro la corruzione. In Italia abbiamo talmente tanti problemi di sicurezza; abbiamo organizzazioni criminali che strozzano l'economia e che creano danni enormi alle casse dello Stato e invece di usare le risorse per combatterla, alla fine veniamo a sapere che si spreca il lavoro dei servizi segreti per gli interessi del potere e delle cosche. Ora ho capito come faceva Provenzano a sapere chi indagava contro di lui e come faceva sempre ad avere la soffiata pronta.
Le spie servivano a Berlusconi non per tutelare i cittadini o per difendere la sicurezza internazionale del nostro paese. Lui ha sfruffato l'intelligence per sapere come andavano le indagini sul suo conto e per spifferare agli amici pericolosi le notizie utili per dare l'opportunità a loro di difendersi meglio.
Invece di preoccuparsi di risolvere i problemi di chi non arriva a fine mese, di chi non ha lavoro, di chi è precario, di far funzionare la giustizia, il caro Berlusca ha pensato bene di usare il potere per interessi personali e di aiutare chi gli garantiva voti. Sono indagini della magistratura che provano che la mafia appoggi il partito di Forza Italia in cambio di favori in materia di giustizia, di appalti e di controllo del territorio.
Il fatto è di una gravità inaudita. Ecco a che cosa serve il denaro pubblico, perché i servizi segreti sono mantenuti e pagati con i nostri contributi. E poi la vecchia maggioranza si lamenta degli sprechi e del presunto aumento delle tasse. Che coraggio!!! Che indignazione!!!!
Ecco perché noi cittadini siamo sempre più poveri. Ciò dimostra che la legalità è il motore dello sviluppo della nostra economia. Se le risorse pubbliche sono utilizzate per interessi personali, è normale che poi non ci sono risorse per i giovani, per le pensioni, per la sanità, per la giustizia, per le scuole e per gli altri scopi sociali.
La gravità dei fatti non è doppia ma tripla, perché apparati dello Stato danneggiano il prezioso lavoro altri apparati dello Stato, la loro azione viola lo scopo istituzionale per il quale sono creati e infine il denaro, che con tanta difficoltà si recupera dai cittadini con le tasse, viene sperperato per soddisfare interessi non propriamente pubblici, se non anche interessi di gruppi criminali.
Questo mi fa capire che servizi di intelligente non sono mai deviati perchè svolgono l'attività che viene ordinata loro dall'alto. Semmai i deviati sono i poteri politici che fanno sempre i loro comodi.
I deviati, o quanto meno gli anormali, sono altri.


Le nostre idee non moriranno mai

Rebecchi Lorenzo
GIV Novara