19.7.07

L'ombra dei servizi segreti ed i misteri sulla strage di Via D'Amelio

L'ombra di "apparati deviati dei servizi segreti" ritorna nell'inchiesta sui mandanti occulti della strage di via d'Amelio in cui morì quindici anni fa il procuratore aggiunto di Palermo, Paolo Borsellino, insieme a cinque agenti della polizia di Stato che lo dovevano proteggere. La notizia, confermata all'ANSA da ambienti qualificati, prende spunto da altre indagini che in passato erano state chiuse con l'archiviazione.

Da alcuni mesi, però, nuovi input investigativi hanno ripreso gli accertamenti dal punto in cui erano stati lasciati, e cioé dal Castello Utveggio, la mega struttura situata sul Monte Pellegrino, che sovrasta proprio la via d'Amelio. In questo edificio, nel 1992, è stato accertato che aveva sede un gruppo operativo del Sisde. La vicenda venne rivelata per la prima volta nel 2001 dal vice questore Gioacchino Genchi durante una deposizione in aula nel processo bis per la strage Borsellino.

Le indagini sviluppate in seguito vennero poi archiviate. Adesso, invece, questa pista sembra aver ritrovato nuova linfa. I "servizi deviati", secondo la nuova indagine, potrebbero essere dietro agli uomini che hanno eseguito l'attentato. Dell'inchiesta si occupa ormai da anni un solo magistrato, il procuratore aggiunto, Renato Di Natale, che ha pure il compito di reggere l'ufficio dei pm di Caltanissetta, dopo che un anno fa Francesco Messineo è stato nominato procuratore di Palermo.

E così Di Natale è costretto a dividersi su più fascicoli d'indagine anche a causa di una carenza di organico dell'ufficio. I magistrati stanno valutando una serie di documenti acquisiti dalla procura di Palermo e che riguardano il telecomando che potrebbe essere stato utilizzato dagli attentatori. A questo apparecchio è collegato un imprenditore palermitano. I processi che si sono svolti in passato hanno solo condannato gli esecutori materiali della strage, ma nulla si è mai saputo su chi ha premuto il pulsante che ha fatto saltare in aria Borsellino e gli agenti di scorta.

A maneggiare il telecomando, come sostengono le sentenze, non è stata nessuna delle persone condannate all'ergastolo, ormai definitivamente. Un altro elemento sul quale è puntata l'attenzione degli inquirenti, è "la presenza anomala" di un agente di polizia in via d'Amelio subito dopo l'esplosione. Si tratta di un poliziotto - già identificato dai magistrati - che prima della strage era in servizio a Palermo, ma venne trasferito a Firenze alcuni mesi prima di luglio dopo che i colleghi avevano scoperto da una intercettazione che aveva riferito "all'esterno" i nomi dei poliziotti di una squadra investigativa che indagava a San Lorenzo su un traffico di droga.

L'esplosivo utilizzato per l'attentato potrebbe essere stato inserito in un grande bidone di metallo, creando un cratere profondo, e non nella Fiat 126 come hanno sempre detto i collaboratori di giustizia. A sostenerlo sono i difensori dei boss condannati che attraverso immagini scattate poche ore dopo in via D'Amelio sostengono che il blocco motore dell'auto esplosa non c'era nel luogo in cui è stato poi ritrovato.

La foto scattata da un reporter di Palermo il giorno dell'attentato mostra l'allora capitano dei carabinieri Giovanni Arcangioli con in mano la borsa di cuoio di Borsellino. Dentro i familiari del magistrato sostengono che vi fosse un'agenda personale che non è mai stata ritrovata e sulla quale Borsellino avrebbe segnato appuntamenti e pensieri.

Alcuni collaboratori di giustizia sostengono che dopo la strage di Capaci, Riina voleva dare un altro colpo allo Stato. Giovanni Brusca ha sostenuto che la decisione di uccidere Borsellino sarebbe stata "accelerata" dalla necessità di far decollare la "trattativa" che Riina aveva avviato con uomini delle istituzioni per ottenere vantaggi legislativi in favore di Cosa nostra. Giuffré ha invece affermato che la strage di via D'Amelio sarebbe stata voluta da Provenzano per impedire al magistrato di avviare indagini sul nodo mafia e appalti.


Rebecchi Lorenzo
Coordiantore provinciale
GIV Novara