26.12.06

Quel che resta del Natale

Marco D'Acri
Da ieri sono iniziate le feste. Dopo il delirio di uffici affannati nella chiusura della contabilità, di negozianti distrutti da quello che è il loro più grande desiderio (essere invasi da clienti), di famiglie in preda al panico per il conto alla rovescia dell'acquisto, di fattorini trottole nella consegna di pacchi e pacchetti, di povere segretarie che sprecano metà del tempo a rispondere alle mail che tanto hanno di diplomazia e poco di vero augurio, di quantità infinite di agende che per la metà non saranno utilizzate... Dopo tutto questo un po' di calma, un po' di vero senso del Natale. Natale cristiano per i cattolici, Natale laico per tutti gli altri Italiani. Natale come festa condivisa del Paese intero, anche per i nuovi immigrati che, anche tramite queste giornate, possono conoscere l'integrazione. Una festa di riflessione, come tutte le feste. Festa momento di pausa per tutti. Usarla al meglio è un dovere. Riflettere sul senso delle proprie azioni. Riflessione e bilancio anche politico. Quanto si sta riuscendo a dare il senso dello spirito di servizio verso la cittadinanza, quanto la democrazia è valore trasmesso anche attraverso i partiti, primi interpreti del sistema repubblicano, quanto è l'ascolto dell'altro e non di se stessi a dare l'indirizzo dell'azione politica? Domande senz'altro banali, che troppo spesso non abbiamo il tempo di pensare. Per chi ha ormai un metodo personale è difficile che un nuovo anno sia un anno nuovo, certe calcificazioni non si modificano se non con un lavoro molto lungo. Il nostro apporto, l'apporto dei movimenti giovanili deve servire a questo, forzare verso l'idealismo persone troppo sedute, anche in buona fede, sul calcolo e il realismo. E le generazioni mature dovranno comprendere i nostri sforzi, anche quando si assumono forme discutibili o criticamente fastidiose, senza opporsi per principio, ma comprendendone le ragioni e studiandone il linguaggio. Assumendo quel vocabolario avranno il mezzo per parlare al futuro, altrimenti saranno esclusi da ogni riflessione politica. Noi, da parte nostra, dovremo comprendere i valori antichi, come li chiama Leoluca Orlando, se sapremo ascoltare l'esperienza senza pregiudizio, e quando ci sarà qualcuno che ce li vorrà trasmettere. Lascio questi pensieri alle feste ed al 2006, sperando che ci sia sempre qualcuno a ricordarmeli, nella corsa senza mete del quotidiano quando facciamo fatica a focalizzare l'obiettivo. Il messaggio che il Natale religioso offre a tutti è quello della luce che illumina nelle tenebre. A volte guardare alla luce è fastidioso se si è abituati al buio. Il nostro Paese deve alzare lo sguardo da terra, anche se rimarrà accecato per qualche tempo. Questo è il mio augurio all'Italia per il 2007, ruscire a guardare un po' più in là della nostra storica miopia.
Marco D'Acri.