Barroso e il referendum
Marco D'Acri
Nei giorni scorsi il Presidente della Commissione Europea, Josè Manuel Barroso, ha proposto una strada per uscire dallo stallo sull'ingresso della Turchia in Europa. Il referendum. Quello che dirò ora è qualcosa che potrà preoccuparvi ma è uno spunto di discussione. Non credo che un referendum sia la strada migliore. Mi rendo conto che dovrebbe sempre essere il principio democratico a prevalere, quindi anche casi di democrazia diretta, ma è in gioco anche il principio di rappresentanza. Fino a quale soglia va garantita la democrazia diretta? Giusto per lanciare una provocazione eccovi il racconto di un episodio che ha cambiato l'Europa. Nel 1950 il visionario Jean Monnet, commissario per la ricostruzione francese, vide nello sfruttamento con la Germania e gli altri Paesi europei del bacino della Ruhr, area di confine, la soluzione all'odio tra tedeschi e francesi che le guerre avevano esasperato. Una comunità europea per l'estrazione del carbone, la CECA, che evitasse di rendere quella fonte energetica la ragione di nuovi conflitti. Il progetto, diventato dichiarazione del ministro degli Esteri Schumann, nel giro di una notte, il 9 maggio, divenne la base dell'integrazione europea ed ottenne immediato parere favorevole da parte della Germania di Adenauer, dell'Olanda, del Belgio, del Lussemburgo e del nostro grande statista Alcide de Gasperi. I primi ministri decisero, in 24 ore, di compiere una scelta che avrebbe cambiato la nostra storia. Decisero di imporre ai propri paesi una linea del cui successo erano certi. E se avessero, quell'anno, proposto il referendum? Crediamo forse che i francesi, a 5 anni dalla liberazione dai nazisti, avrebbero accettato dai tedeschi una collaborazione rinunciando alle compensazioni dovute dagli sconfitti ai vincitori? Avrebbero gli elettori compreso che era la scelta giusta a pochi anni dall'avanzata hitleriana? Credo di no. Credo che gli uomini politici, quando ne hanno il carisma, debbono interpretare il proprio mandato come delega alle decisioni più importanti, che devono avere il coraggio di prendere. A loro affidiamo il potere esecutivo, non possono restituircelo se non sono in grado di scegliere. In fondo il No al Trattato per una Costituzione Europea degli elettori francesi e olandesi ha dimostrato che l'Europa ha poca fortuna con i referendum. Senza contare che in alcuni Paesi il referendum è una cosa rarissima, a differenza nostra, e che quindi il voto avrebbe valenza differente da paese a paese. Infine, cosa non meno importante, in Italia si parla così poco di Europa che il dibattito sulla Turchia si ridurrebbe al sì o no ai musulmani in Europa e ad un " ma che dice il Papa? ", il che non farebbe pensare ad un voto pienamente consapevole. Pensate poi al risultato in Inghilterra. A costo di essere tacciato di antidemocraticità ho espresso il mio parere. Il referendum è un pessimo modo di decidere su alcuni temi. Resta il fatto che Barroso deve aver pensato a tutto questo. Delle due l'una. O ha deciso che la Turchia non deve entrare nell'UE e ne vuole scaricare la responsabilità sugli elettori. Oppure la distanza tra lui e Schumann è talmente ampia da gettare un alone di sconforto sul percorso di integrazione europea.
Marco D'Acri.
Nei giorni scorsi il Presidente della Commissione Europea, Josè Manuel Barroso, ha proposto una strada per uscire dallo stallo sull'ingresso della Turchia in Europa. Il referendum. Quello che dirò ora è qualcosa che potrà preoccuparvi ma è uno spunto di discussione. Non credo che un referendum sia la strada migliore. Mi rendo conto che dovrebbe sempre essere il principio democratico a prevalere, quindi anche casi di democrazia diretta, ma è in gioco anche il principio di rappresentanza. Fino a quale soglia va garantita la democrazia diretta? Giusto per lanciare una provocazione eccovi il racconto di un episodio che ha cambiato l'Europa. Nel 1950 il visionario Jean Monnet, commissario per la ricostruzione francese, vide nello sfruttamento con la Germania e gli altri Paesi europei del bacino della Ruhr, area di confine, la soluzione all'odio tra tedeschi e francesi che le guerre avevano esasperato. Una comunità europea per l'estrazione del carbone, la CECA, che evitasse di rendere quella fonte energetica la ragione di nuovi conflitti. Il progetto, diventato dichiarazione del ministro degli Esteri Schumann, nel giro di una notte, il 9 maggio, divenne la base dell'integrazione europea ed ottenne immediato parere favorevole da parte della Germania di Adenauer, dell'Olanda, del Belgio, del Lussemburgo e del nostro grande statista Alcide de Gasperi. I primi ministri decisero, in 24 ore, di compiere una scelta che avrebbe cambiato la nostra storia. Decisero di imporre ai propri paesi una linea del cui successo erano certi. E se avessero, quell'anno, proposto il referendum? Crediamo forse che i francesi, a 5 anni dalla liberazione dai nazisti, avrebbero accettato dai tedeschi una collaborazione rinunciando alle compensazioni dovute dagli sconfitti ai vincitori? Avrebbero gli elettori compreso che era la scelta giusta a pochi anni dall'avanzata hitleriana? Credo di no. Credo che gli uomini politici, quando ne hanno il carisma, debbono interpretare il proprio mandato come delega alle decisioni più importanti, che devono avere il coraggio di prendere. A loro affidiamo il potere esecutivo, non possono restituircelo se non sono in grado di scegliere. In fondo il No al Trattato per una Costituzione Europea degli elettori francesi e olandesi ha dimostrato che l'Europa ha poca fortuna con i referendum. Senza contare che in alcuni Paesi il referendum è una cosa rarissima, a differenza nostra, e che quindi il voto avrebbe valenza differente da paese a paese. Infine, cosa non meno importante, in Italia si parla così poco di Europa che il dibattito sulla Turchia si ridurrebbe al sì o no ai musulmani in Europa e ad un " ma che dice il Papa? ", il che non farebbe pensare ad un voto pienamente consapevole. Pensate poi al risultato in Inghilterra. A costo di essere tacciato di antidemocraticità ho espresso il mio parere. Il referendum è un pessimo modo di decidere su alcuni temi. Resta il fatto che Barroso deve aver pensato a tutto questo. Delle due l'una. O ha deciso che la Turchia non deve entrare nell'UE e ne vuole scaricare la responsabilità sugli elettori. Oppure la distanza tra lui e Schumann è talmente ampia da gettare un alone di sconforto sul percorso di integrazione europea.
Marco D'Acri.
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