30.3.07

Ridurre i privilegi della casta politica

I nostri parlamentari potrebbero inziare a tagliare i loro stipendi per dare credibilità alle nostre istituzioni e per ottenere la fiducia dai nostri cittadini, dato che noi dobbiamo sempre fare i sacrifici e sopportare le manovre finaziarie.
Questa sarebbe una bella spinta verso la ricostruzione di uno Stato di diritto.
In base alle informazioni in mio possesso i nostri rappresentanti percepiscono uno stipendio base di 9.980 euro al mese.
A cui bisogna aggiungere il costo del portaborse (per lo più parente, amante o familiare) di 4.030 euro mensili, il rimborso-spese affitto, 2.900 euro mensili. L'indennità di carica, variabile da 335 a 6.455 euro mensili.
In complesso, parliamo di un emolumento di 19.150 euro al mese: una cifra che la maggior parte degli italiani sarebbe felice di intascare in un anno.
Tanto più che quel compenso è totalmente esente da imposte.
Gli italiani che guadagnano quella cifra annua, subiscono un prelievo del 35-40%.
Ma non basta ancora perche i nostri eletti hanno il cellulare gratis, gratis i francobolli, il treno, l'aereo e le autostrade, gratis l'assicurazione infortuni e in caso di morte.
Ma in più, godono gratuitamente di: cinema e teatri, palestre, piscine e cliniche.
E non dimentichiamo il ristorante, gratis anche quello.
Padoa Schioppa, che annuncia inevitabile una finanziaria di lacrime e sangue per compiacere le agenzie di rating, tagli alle pensioni e sovrattasse «sulle rendite», potrebbe gettare un occhio a questi redditieri.
Ma già potrebbe dare un aiutino a negare ai politici i rimborsi-spese elettorali, pari a 103.000 euro a persona (moltiplicate per mille parlamentari, e vedete quanto fa), che sono del tutto illegali perché violano la legge sul finanziamento ai partiti.
Potrebbero anche partecipare ai «sacrifici» sulle pensioni, che saranno richiesti a pensionati che non arrivano a mille euro al mese.
E' stata abolita la pensione di anzianità dopo 35 anni di lavoro.
Ma i nostri deputati raggiungono il diritto alla pensione dopo 35 mesi.
La classe politica ci costa annualmente quasi 3 mila miliardi: ad occhio e croce, è un decimo di una finanziaria lacrime-e-sangue, di quelle di cui i governi Prodi sono dispensatori storici.
Ci sarebbe da rivedere un pochino i costi dei grandi commissari, funzionari e anche dei semplici commessi - quelli delle camere guadagnano almeno 7 mila euro mensili.
Ma qui, ci stiamo limitando alla gestione dello Stato centrale, che in fondo è un modello di trasparenza.
Ma la gestione delle regioni, dei comuni, delle province, è molto meno al centro dell'attenzione del contribuente.
Potrei anche continuare con gli sprechi e le innumerevoli unità improduttive del settore statale che sono un enorme costo per le casse dello Stato.
E' anche il segno che la democrazia è marcita, che la casta politica non ha più alcun rapporto con la realtà del resto del Paese, e che non ha altra mira e scopo che vivere profumatamente della politica come mestiere.
Bisogna dire che questo è il solo ceto che in Italia davvero vive di rendite, non guadagnate e non meritate, a cui non corrisponde nessun dovere di dare risultati.
E' una vergogna che si tolgano risorse utile per i giovani, per l'occupazione, per la formazione, per l'universita, per la giustizia, per le pensioni, per le scuole, per gli ospedali e per combattere la criminalità organizzata.
Non è giusto che una famiglia in Italia debba sempre fare i conti per arrivare a fine mese mentre invece i nostri governanti devono fare la bella vita con i risparmi ed i sacrifici dei nostri cittadini.
Io ci credo in questo paese e continuo a crederci, ma non credo più nella nostra classe politica.
Io credo solo nelle battaglie della legalità e della questione morale che sono sempre più vive e più sentite dalla nostra gente e che sono sempre argomenti attuali.
Continuo a sperare nella futura classe dirigente perchè noi giovani siamo un'altra realtà e l'unica alternativa.

Rebecchi Lorenzo

23.3.07

Grazie Gherardo!

In questi giorni sul "Corriere della Sera" è stato dedicato un ampio spazio all' intervista a Gherardo Colombo sulle sue dimissioni dalla magistratura.
Ho potuto leggere le sue dichiarazioni che parlavano del suo sconforto sull'inefficienza della giustiza e sull'enorme diffusione dell'illegalità in Italia.
I toni sembravano poco pacati, anche se dietro alle sue parole penso che si nascondesse una profonda amarezza per una professione svolta per ben 33 anni.
La notizia delle sue dimissioni mi hanno molto sconcertato e turbato.
Ho provato un grande dispiacere nel sapere la notizia. La magistratura perde un uomo straordinario che con il suo lavoro ha dato onore al paese ed ai suoi cittadini.
Non ho mai nascosto la mia profonda passione per Mani Pulite e per i significati che ha portato quella bufera giudiziaria. Mi definisco un nostalgico di Mani pulite e di quella che allora si chiamava "la questione morale".
Con i loro lavoro, quei straordinari uomini hanno ridato fiducia al paese e hanno dato la sensazione che potevamo fare a meno del malaffare e che potevamo disfarci della corruzione.
Abbiamo capito per una volta nella vita che l'arroganza del potere può essere ridimensionata; abbiamo anche compreso che i potenti sono cittadini come noi che devono rispettare le stessi leggi che ogni giorno noi dobbiamo sforzarsi di condividere ed di applicare.
Per la prima volta abbiamo avuto l'emozione di essere liberi e di poter cacciare i ladri dalle poltrone e dai posti di poteri.
Abbiamo anche capito che l'onestà paga, che i cittadini leali potevano avere giustizia ed avere una vita adeguata.
Poi l'arrivo di Berlusconi ha cambiato tutto. In breve tempo abbiano constato che si trattavano soltanto di mere illusioni.
Sono arrivate le critiche, i pesanti attacchi, le diffamazioni, i complotti contro i i giudici. Poi sono state varate leggi che prevedevano le prescrizioni, le depenalizzazioni, la riduzione della spesa per l'amministrazione della giustizia, le norme processuali che allungano i tempi, che garantivano l'impunità o che rendevano impossibili l'accertamento della responsabilità.
Tutte norme che toccavano i processi degli amici dei potenti.
Sono arrivate anche le leggi che garantivano i finanzianmenti ai partiti. Si è tentato di controllare e manipolare il sistema radiotelevisivo. Il governo Berlusconi ha gestito la sua azione garantendo e salvando il suo impero economico.
Mai come negli ultimi 10 anni le aziende di Berlusconi hanno fatto così alti profitti.
Tutto questo non senza un contributo anche del centro-sinistra.
Quindi capite che non mi rattristano solo le dimissioni di Gherardo Colombo, ma i motivi che stanno dietro alla sua decisione.
E' ancora più tremendo notare che uno dopo l'altro lascino la magistratura tutti i componenti di quello straoridanrio pool di persone che ha svolto solo il proprio lavoro e che ha cercato di far rispettare la legalità, che allora aveva superato ogni limite.
Prima Di Pietro, poi D'Ambrosio, dopo Borrelli e adesso Colombo.
Caro Gherado, adesso so che ti dedicherai ai giovani e ti impegnerai per migliorare il livello di trasparenza, di cultura e di legalità del nostro paese e per questo di faccio i miei più cari auguri; ciò ti rende onore e per questo ti dobbiamo solo ringraziare.
Ma con questo mio post volevo solo di dirti mille volte grazie per quello che hai fatto per i nostri concittadini e per il nostro paese, perchè per una volta nella vita ci hai fatto sentire liberi, importanti e uguali di fronte alla legge.
Grazie Gherardo!

Rebecchi Lorenzo

21.3.07

Il gioco della politica

Valentina Vivarelli
“Quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia!”
Chissà a che cosa pensava il nostro amico Lorenzo De’ Medici, mentre scriveva tali superbi e quanto mai saggi versi.
Probabilmente rifletteva sulla ricchezza della giovinezza, su questo momento della vita umana che scorre via in un batter di ciglia, l’età la cui bellezza, per i più, è lecito cogliere a metà cammin.
L’età in cui noi ragazzi ci riconosciamo: l’età in cui gli ideali ti sembrano così vicini e così poco lontani, ma piuttosto reali, l’età in cui nei Valori ci credi davvero, forse perché la vita non ti ha ancora preso abbastanza a schiaffi…
E’ di questa età, innanzitutto, che noi vogliamo renderci sostenitori, delle esigenze di questa età fin tanto che le apparterremo.
E a Voi che vedete nella nostra età, nella convinzione di averla perduta per sempre, debolezza e non ricchezza, diciamo a voce alta: credete in noi, credete nel futuro!
Noi non neghiamo aiuto o consiglio alcuno, ma non ostinatevi nel portarci coi piedi per terra, perché sarà già la vita a farlo da sé.
E non pensiate che per noi la politica sia un gioco, o fatelo, se secondo voi credere profondamente nei Valori quali la Giustizia, la Democrazia, la Meritocrazia, la Libertà qualsivoglia intesa, e tentare con ogni mezzo, anche il più banale, di vederne una concreta applicazione, se credere e fare tutto questo per voi significa giocare, beh…allora noi vogliamo giocare!
Solo questo Vi chiediamo: credete in noi e sosteneteci, e non invitateci ad attender di metter “sale in zucca”, perché quando lo avremo, giovani non lo saremo più, e buona parte di ciò di cui avevamo bisogno, delle esigenze, dei problemi di quando eravamo giovani, buona parte di ciò che significa essere giovani lo avremo dimenticato.
…giocate con noi e non contro di noi…grazie!

Valentina Vivarelli

18.3.07

Valori cercasi

Essere un liberale significa credere fortemente in un patrimonio di libertà che sono sempre state proprie dell’uomo da quando la vita venne fuori dai mari e cosi via fino ai giorni nostri. Il liberalismo implica un laissez-faire individuale esercitabile sempre e comunque fino a che questa esercitabilità non vada a recar danno alle uguali libertà in seno agli altri individui. Questo significa vivere civilmente in una società come la nostra.
Oggigiorno il panorama politico italiano non offre un’ampia gamma di partiti liberali: si nota infatti la presenza di una maggioranza di partiti che provano coercitivamente (leggi legislativamente) a importi ideologie, molti di questi addirittura si spacciano per liberali. Ovviamente, queste persone, o almeno si spera, agiscono in buona fede: credono fermamente in qualcosa e reputano giusto imporlo alle persone che non sono della stessa idea per ravvederli, per portarli sulla strada che , per loro, è quella giusta. Qui si potrebbe menzionare l’antico concetto confuciano secondo il quale il letterato cinese ha l’obbligo verso la società e verso se stesso di impegnarsi in politica perché i non-intellettuali non sono in grado di badare a loro stessi; in altre parole vigeva un divieto di qualunquismo in seno agli intellettualmente altolocati. Oggi forse le cause di ingresso nella scena politica nazionale di politici o politicanti non sono più cosi nobili (benché sia sicuro che in alcuni casi sia ancora cosi) ma l’output della politica, inteso come prendere decisioni per il popolo, è sicuramente uguale. Ed è l’output che conta.
Io credo in una politica in quanto arte di coadiuvare interessi fra loro contrapposti, credo in una politica che lascia scelte etiche o morali alla discrezionalità del cittadino. Trovo inammissibile imporre qualcosa a qualcuno che vada ad intaccare il diritto naturale dell’individuo a formulare libere scelte che hanno come conseguenza solo ed esclusivamente una ripercussione sul soggetto formulante. Questo perchè si vuole andare a modificare una filosofia di vita che invece tutti devono essere lasciati liberi di scegliere. Purtroppo in questo campo hanno fatto, fanno e faranno scuola un po’ tutti, dalla sinistra alla destra.
Credo fortemente che il liberalismo sia applicabile a ogni nazione del globo ed a ogni cultura. Anche in Italia, un paese così difficile da governare, un paese che ha visto da secoli al suo interno scontri dottrinali che forse non hanno avuto eguali nel resto del mondo, il liberalismo classico, nella sua forma più pura, cioè quello teorizzato dai padri fondatori come Locke e Hume, deve diventare una realtà.

2.3.07

La crisi di governo. A bocce ferme

Marco D'Acri
Meglio aspettare, meglio capire qualcosa in più. Mi sono detto questo prima di scrivere qualsiasi cosa su quello che abbiamo passato in questi giorni e sulle fosche nubi che ormai si sono addensate sulla coalizione che ho votato insieme alla maggioranza degli Italiani nello scorso aprile. Ma ora, con tutto più chiaro (forse) si può abbozzare qualche considerazione.
Voglio partire da Romano Prodi e dal suo discorso al Senato. Ho avuto l’impressione di ascoltare un discorso spento, senza alcun afflato ideale, senza la forza che un momento come quello richiedeva. Persino una vena di imbarazzo nella necessità di parlare con linguaggi diversi, adatti di volta in volta a questo e a quel partito di maggioranza. Non si è trattato solo di stanchezza o mancanza di coraggio politico. In fondo Prodi ha dimostrato più volte di non avere quei difetti. Una sola sensazione sembra rispondere in pieno a quello sguardo del Professore, delusione.
Lo ha comunicato più volte, da quando ha parlato di paese impazzito a quando si è trovato costretto a salire al Quirinale, vittima di una maggioranza in grado di collassare su quella politica estera, così ben guidata da D’Alema dopo gli anni dell’interim del gaffeur da Arcore. Deluso da una maggioranza non in grado di rispettare il risultato forte delle primarie, quello di dare credibilità al mandato di un politico, non segretario di partito. In quel giorno si era detto che Prodi sarebbe stato guida senza essere espressione di partito, così da essere indipendente. E invece si è trovato nella stanza dei ricatti, senza possibilità di difendersi, senza il controricatto dei voti.
Deluso da forze che quelle primarie se le sono dimenticate troppo in fretta togliendo ogni legittimità al Presidente del Consiglio. Deluso da politici incoerenti pronti a tirarlo da questa e da quella parte distogliendolo dagli obiettivi di lungo periodo necessari per il Paese.
Mi viene da pensare che Prodi ieri, in cuor suo, avrebbe voluto essere a casa, nella sua famiglia, lasciando nelle mani degli artefici il disastro realizzato. Ha provato a porre 12 punti e il giorno dopo Giordano, segretario di Rifondazione, ha detto che i punti erano accettati ma il metodo no. Frasi del tipo sì alla TAV, no al tunnel, sì alla riforma delle pensioni, no all’innalzamento dell’età pensionabile. Bravi, avrà pensato Prodi, complimenti, equilibristi dell’eloquio, incoerenti nelle loro stesse dichiarazioni, bravi incapaci di governo, così bene rappresentati dalle parodie di Guzzanti. Avrà poi sentito la dichiarazione di Russo Spena che si è definito ragionevole perché vuole la luna, espressione forse poetica ma foriera di nuovi scontri. E Prodi lì ad ascoltare, al centro di un Parlamento non in grado di sentire le esigenze dei cittadini e pronto a fare distinguo persino nel momento di rilancio della maggioranza. Ad ascoltare e a guardare un gruppo di persone che su una zattera malferma, invece di aiutare il timoniere, fanno di tutto perché l’equilibrio si sposti verso loro e per conquistare più spazi. Forse avrà anche ricordato con una certa malinconia gli anni di Bruxelles, rovinati soprattutto da quelle visite del Presidente del Consiglio, che forse non ci è ancora bastato, che tra i kapò e le corna regalate a destra e a manca, realizzava la sua politica estera vicina a Putin e a Bush.
Poi, in serata, la fiducia, risicata, e la consapevolezza di avere ancora molto da fare. Con una buona notizia, il Pil all’1,9 per cento, un risultato che non vedevamo da anni. Con qualche speranza in più per noi ragazzi e per il nostro futuro.
E oggi, subito dopo il voto, Grillini, Luxuria e i suoi hanno indetto una manifestazione sui PACS per il 10 marzo. Ma bravi, ottimi strateghi, mi sembra un buon momento per manifestare per le unioni civili. E lo dice un liberale come me, solo perché crede che i risultati si ottengano anche con un’adeguata strategia. Mi sembra che la piazza come metodo non funzioni o almeno in questi giorni non ha funzionato.
La crisi non è affatto alle spalle, tutti fanno i conti alla rovescia. Per primi quelli che già sanno di finire all’opposizione, dove certamente si troveranno bene, perché arroganti nelle decisioni di governo, incapaci di mediarle con i criteri della democrazia, convinti di avere sempre ragione. Sarà forse uno sfogo, ma è già la seconda volta. Nel 1998 Bertinotti, oggi Turigliatto e Rossi. Non se ne può uscire. Ci sono persone molto più brave a distruggere che a costruire e questo sarà per sempre il loro limite.
Ieri Prodi sorrideva, con tutta la maggioranza a complimentarsi. Chissà se Prodi era davvero felice o se in fondo era rassegnato a nuove tribulazioni. Comunque andrà Prodi quelle primarie le vinse, Turigliatto neanche si candidò. Eppure il potere di ricatto del secondo ha vinto. Questa è la lealtà.