Ad occhi chiusi
Marco D'Acri.
Sabato sera, lo scorso. Torino. Torno a casa da una serata con amici. Sabato, una di quelle serate con una nebbia così fitta da ricordare certi sfottò romani e da metterti anche un po' di paura. Quando guidi con quella nebbia sei attento ad ogni particolare, cerchi ogni segnale della strada. E scopri che quella strada ha tanti angoli che ormai non vedi neanche più, tanto sei abituato ad attraversarli. E così la nebbia ti gioca uno strano scherzo, ti nasconde la vista e ti chiede più impegno, ti toglie la vista ma ti fa osservare di più. Solo con quell'umidità ti rendi conto di una vergogna che ormai dai per scontata. Solo allora scopri che troppe giovani donne scontano sulle nostre strade e sui sedili delle nostre auto la colpa di essere nate a troppi chilometri dalla ricchezza dei nostri Paesi. Possibile che non le abbia notate prima? Questo mi sono chiesto sabato. Certo che le hai notate, idiota, è che credi che non ci sia nulla da fare. Bravo! E ti dichiari pure dell'Italia dei Valori, e questa sarebbe passione politica? Possibile che sia indifferente? Possibile che in Italia si discuta con foga del tema dei diritti umani in scenari lontanissimi (...non che sia sbagliato...affatto) e ci si dimentichi dello schiavismo sotto i propri davanzali? Anni di dichiarazioni universali sui diritti della persona e articoli della nostra Costituzione che li affermano, non riescono assieme ad affrontare il problema più vicino. Dov'è la forza dello Stato? Dove la capacità di difendere chi, per la lingua o per paura, non è in grado di farlo? Dove il governo di sinistra può fare qualcosa? Un altro muro di indifferenza da abbattere, un grande principio da difendere, la libertà contro lo schiavismo. Forse una parola che ci ricorda guerre d'oltreoceano ma purtroppo di orrenda attualità qui da noi. Ma, per favore, un appello. Apriamo gli occhi. Non aspettiamo la nebbia.
Marco D'Acri.
Marco D'Acri.
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