2.2.07

Una sera con Don Ciotti

Lunedì scorso, nel mio Comune, Grugliasco, ho trascorso una serata fantastica in compagnia di un sacerdote assolutamente straordinario e di qualche centinaio di grugliaschesi. Chi non conosce Don Ciotti, soprattutto a Torino? Immaginate una sala consiliare strapiena, con persone di tutte le età in piedi, stipate ovunque, ed un uomo al centro, lì, a ricreare l'atmosfera di una comunità che si ritrova intorno ad un esempio, alla sua parola, al suo messaggio. Parlare di bullismo, banale forse, scontato, ma non per Don Luigi Ciotti. Lui che da bambino, figlio di migranti, ha conosciuto l'isolamento e la sua stessa aggressività di reazione, sa benissimo che dietro le violenze dei più giovani o dei bambini, c'è bisogno di affetto, di comprensione, di dialogo e anche di fermezza. Nel racconto della sua infanzia il significato della discriminazione. Lui, che viveva nella baracca di un cantiere, la sentiva la più bella casa possibile, come ogni bambino vede la propria, una casa dove era la mascotte di tutti, dove il migliore amico era il gruista, in grado di portarlo fino a toccare il cielo. E poi la scuola, l'isolamento da parte di chi era della Torino bene, e da parte della sua stessa maestra, la coscienza che quella casa che per lui era paradiso, per gli altri era inferno. L'arroganza del confronto, la violenza delle etichette che alla fine scatenano la reazione di un bambino alla ricerca di socialità. Assenza di socialità e di dialogo. Questo accomuna i migranti della generazione dei nostri padri, con i migranti di oggi, violentati anch'essi nella loro dignità, giudicati in anticipo, morti troppo spesso nelle acque che li dividevano dalla speranza di una nuova terra, di un riscatto umano. Partire dal cuore per parlarsi, questa la ricetta di Don Ciotti. E parlarsi anche nelle case, parlare ai figli che si chiudono, parlare ai figli che preferiscono comunicare con tastiere senza volto piuttosto che lanciarsi nel fascino della vita. Parlare agli adolescenti, che a volte, senza perché, si tolgono la vita, giovanissimi. Forse anche a loro sarebbe bastata una parola in più, una parola dal cuore. E infine Don Ciotti ha toccato il tema dell'omosessualità, dove l'invadenza di certuni arriva ad affibiare etichette che non rispettano il mistero degli uomini e che non fanno altro che provocare nuove sofferenze. Sentire Don Ciotti vuol dire riscaldare il cuore, riaffermare il nostro umanesimo, percepire i concetti di socialità e comunità. Che bella serata, Don Ciotti. Ho deciso che vorrò partecipare ad un campo di Libera, vivere l'antimafia dall'azione di base. Sperando di poter riascoltare un sacerdote che prima di tutto è un esempio assoluto. Grazie Don Luigi, in tantissimi ti vogliamo bene.
Marco D'Acri.