Addio Federica!
Marco D'Acri
Cara Federica, stasera voglio pensare un po' a te ed offrirti questo messaggio di commiato. Quando penso che il tuo anno di nascita è stato il 1990 mi viene da urlare al cielo una rabbia che non trova sfogo.
Una spina di un macchinario nella presa sbagliata. Forse, o forse è qualcosa in più. Trovare la morte in un ospedale, dove vai per curarti. Trovare la morte nella terra che ti ha dato i natali e li ha dati anche al sottoscritto.
Perché? Perché vivere al Sud uccide, vivere al Sud come cittadini di serie B, vivere al Sud dove corruzione e malaffare privano la Sanità delle risorse essenziali. E' uno sfogo, prendilo così. Hai amato la tua terra, ne sono certo, la amo anch'io ma non riesco a rassegnarmi. A pensare che nel nostro Paese si possa morire così.
Forse è stata solo una spina. Forse no. Abitavi in una città dalla altissima presenza malavitosa. Conterà qualcosa. Conterà qualcosa se molti medici, molti tecnici, molti infermieri vengono assunti con logiche clientelari e non per meritocrazia. Conterà qualcosa se al Sud crescono le convenzioni con strutture private, talvolta in odore di mafia, reindirizzando così i denari pubblici. Conterà qualcosa se Francesco Fortugno, vicepresidente del Consiglio della tua Regione, dopo aver denunciato la situazione degli ospedali in Calabria, è stato ucciso.
Non lo so. Sarà che sono sempre polemico, sarà che non riesco ad accettare le casualità, ma mi viene tanto da prendermela con il Paese in cui vivo. Perché fin da piccolo ho sentito parlare di malasanità. Possibile che sia uno di quegli aspetti incorregibili della nostra Italia? Guarda, non è solo il Sud. Qui a Torino un certo chirurgo impiantava valvole cardiache brasiliane scadenti in cambio di mazzette. E alcuni suoi pazienti sono morti. Anche loro vittime della corruzione. La corruzione uccide, e il nostro Paese è davvero ancora malato. Cara Federica, innocente vittima di un Paese che si considera avanzato e sviluppato. Cara Federica, forse è stata solo una spina, ma io non riesco ad accettarlo. Tu non sei più, ma corrotti e corruttori regnano tranquilli. E' un pensiero che devasta il cuore. Addio.
Marco D'Acri.
Una spina di un macchinario nella presa sbagliata. Forse, o forse è qualcosa in più. Trovare la morte in un ospedale, dove vai per curarti. Trovare la morte nella terra che ti ha dato i natali e li ha dati anche al sottoscritto.
Perché? Perché vivere al Sud uccide, vivere al Sud come cittadini di serie B, vivere al Sud dove corruzione e malaffare privano la Sanità delle risorse essenziali. E' uno sfogo, prendilo così. Hai amato la tua terra, ne sono certo, la amo anch'io ma non riesco a rassegnarmi. A pensare che nel nostro Paese si possa morire così.
Forse è stata solo una spina. Forse no. Abitavi in una città dalla altissima presenza malavitosa. Conterà qualcosa. Conterà qualcosa se molti medici, molti tecnici, molti infermieri vengono assunti con logiche clientelari e non per meritocrazia. Conterà qualcosa se al Sud crescono le convenzioni con strutture private, talvolta in odore di mafia, reindirizzando così i denari pubblici. Conterà qualcosa se Francesco Fortugno, vicepresidente del Consiglio della tua Regione, dopo aver denunciato la situazione degli ospedali in Calabria, è stato ucciso.
Non lo so. Sarà che sono sempre polemico, sarà che non riesco ad accettare le casualità, ma mi viene tanto da prendermela con il Paese in cui vivo. Perché fin da piccolo ho sentito parlare di malasanità. Possibile che sia uno di quegli aspetti incorregibili della nostra Italia? Guarda, non è solo il Sud. Qui a Torino un certo chirurgo impiantava valvole cardiache brasiliane scadenti in cambio di mazzette. E alcuni suoi pazienti sono morti. Anche loro vittime della corruzione. La corruzione uccide, e il nostro Paese è davvero ancora malato. Cara Federica, innocente vittima di un Paese che si considera avanzato e sviluppato. Cara Federica, forse è stata solo una spina, ma io non riesco ad accettarlo. Tu non sei più, ma corrotti e corruttori regnano tranquilli. E' un pensiero che devasta il cuore. Addio.
Marco D'Acri.
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